Il 3 giugno sono rientrati in fabbrica 550 operai in cassa integrazione da 5 anni e altri 150 fino ad oggi “in trasferta” sulle linee Maserati di Grugliasco.
Si aggiungeranno ai 500 che nel settembre scorso erano rientrati a Mirafiori per avviare la produzione del Suv Levante. In tutto, dunque, 1200 operai che, a detta della direzione Fca, dovrebbero diventare 1500 entro l’estate.
Rimarranno in cassa, a quel punto, 1500 lavoratori, per i quali l’azienda prevede l’utilizzo a rotazione dei contratti di solidarietà a partire dal mese di ottobre.
I sindacati confederali esprimono soddisfazione. La Uilm rivendica il “merito” di aver firmato «accordi con lungimiranza e di cui ora si raccolgono i frutti». La Fim polemizza con i sindacalisti della Fiom «che preferivano suggerire la vendita dell’Alfa al gruppo Volkswagen».
Per la Fiom il rientro dei 700 operai è «la prima vera salita produttiva per lo stabilimento e ora si tratterà di vedere se il mercato consentirà di incrementare ulteriormente gli organici». Esulta anche Fassino, a quel momento ancora in carica, impegnato nella campagna elettorale a Torino, il quale assicura che «oggi siamo pronti a costruire una città sempre più accogliente per chi voglia investire nella nostra industria».
Parole che riconfermano inequivocabilmente la vocazione padronale di un personaggio politico la cui unica preoccupazione è sempre stata quella di soddisfare le esigenze di profitto della Fiat e di tutto il padronato torinese.
Ma i lavoratori, anche loro dovrebbero gioire o, quantomeno, diventare fiduciosi per il proprio futuro lavorativo?
È stato lungimirante stipulare accordi che hanno sempre condizionato il rientro dalla cassa integrazione alle condizioni del mercato, tanto più in un periodo di aggravamento della crisi come quello che stiamo vivendo da anni e di cui non si vede ancora la fine?
Davvero si crede che questa “strategia” garantirà il rientro di tutti i lavoratori?
La verità è che si vuole far rimanere gli operai nell’incertezza continua, nel ricatto permanente. I lavoratori che oggi sono rientrati in produzione dovranno fare i conti con un’organizzazione del lavoro che, anche grazie agli accordi aziendali e alle nuove leggi come il Jobs Act, ha aumentato lo sfruttamento peggiorando le condizioni lavorative. Senza contare i rapporti di forza di gran lunga più favorevoli al padrone di quanto non lo fossero prima della cassa integrazione.
Per quanto riguarda i 1500 lavoratori ancora fuori dall’azienda, costituiti per lo più da operai inidonei e da quelli più combattivi e meno disposti a chinare la testa (attualmente nessun tesserato dei Cobas è rientrato in fabbrica!), la cassa integrazione scadrà a settembre. Per loro, anziché il rientro, ci saranno i contratti di solidarietà a rotazione per tre anni. Il che significa periodi imprecisati di lavoro alternati ad altri di assenza, sempre a discrezione dell’azienda e sempre a salario ridotto.
Come possono questi lavoratori essere soddisfatti di uno strumento che, per legge, scaduti i tre anni, non potrà più essere richiesto? Chi può dormire sonni tranquilli solo perché Fca ipotizza per la fine del 2018, mercato permettendo, una nuova linea Alfa Romeo e un altro grande suv?
Solo un lavoratore incosciente o un sindacalista che non vuole o non sa difendere davvero gli interessi degli operai.
Corrispondenza da Torino