Issad Rebrab, l’algerino che ha rilevato la Lucchini, ha reso noto nella mattinata del 30 aprile scorso che è stato firmato con la Soc. Sms Demag il contratto per l’acquisto del nuovo forno elettrico, da un milione di tonnellate di acciaio, per il riavvio dell’attività in fabbrica. Si vedrà alla fine dei giochi se l’operazione andrà a buon fine.
L’annuncio, atteso ormai da mesi, è stato reso ufficiale proprio alla vigilia del 1 maggio, il che ha permesso ai Sindacati di indicare nella festa dei lavoratori il momento giusto per esultare sulle sorti dell’Acciaieria.
Tutti hanno parlato di un grande risultato, e tutti si sono intestati il suo esito positivo. I Sindacati lo hanno visto nel loro operato e nelle lotte dei lavoratori, per quanto più di una voce le avesse ritenute poco incisive – e in effetti di scarsa continuità. D’altronde, nella nota che ufficializza la firma, Aferpi dichiara di avere apprezzato “Il senso di responsabilità dimostrato dalla RSU e dalle Organizzazioni sindacali territoriali”. Il partito di maggioranza locale, PD naturalmente, non ha esitato a battere la grancassa della rinascita allo stabilimento AFERPI, ovviamente dovuta, secondo i suoi esponenti, al ruolo svolto per l’appunto dalle Istituzioni locali, tutte targate PD. E infatti tutte le Istituzioni indistintamente, dal Presidente della Regione alla deputata di zona in Parlamento, e naturalmente al Sindaco e agli Amministratori locali, hanno rivendicato il merito del passo avanti compiuto. Per l’occasione sono risorti perfino i circoli di fabbrica del PD, in prima fila a esprimere la propria soddisfazione.
La formalizzazione dell’acquisto di un forno elettrico, dopo lo spegnimento dell’altoforno due anni fa, proprio a fine aprile, e la scelta di un anno fa del nuovo padrone algerino, Issad Rebrab, di abbandonare l’altoforno, era indubitabilmente il primo passo possibile su cui fare assegnamento, per avere anche una minima speranza di rimettere in funzione l’industria siderurgica a Piombino. Dopodiché, la firma del contratto di acquisto non è l’ultimo problema in agenda, anzi non è che l’inizio. La stessa Aferpi si è così espressa ufficialmente : “la prima pietra miliare di un sentiero molto impegnativo”. E certamente ha le sue ragioni per definirlo tale.
L’investimento complessivo in ballo ammonta a un totale di circa 600 milioni di euro, e per il suo regolare iter si potrebbe dire che è stato fatto il meno. Infatti, perché l’ordine sia attivo, è necessario un particolare non secondario: deve essere pagato. Per quanto è trapelato da varie fonti (tra le quali il quotidiano on-line locale Corriere Etrusco.it), per ora Rebrab avrebbe sborsato per certo soltanto 2,5 milioni per i progetti d’ingegnerizzazione. Dovrà trovare intanto a giro breve altri 30 milioni per la fase di avvio dell’esecuzione degli impianti, e poi cominciare a muoversi per ottenere dalle Banche i prestiti per l’investimento. In pratica, per il momento è stata solo raggiunta la fase di progettazione dell’impianto, e quanto alla sua realizzazione… dipende dalla garanzia del finanziamento.
Tutti naturalmente si augurano che il prestito si realizzi e l’impianto sia costruito, ma al momento di consistente ci sono soltanto le basi, e tutto il resto deve essere ancora concretizzato, se è vero che semplicemente per la produzione parziale dell’ultimo anno lo stesso Rebrab ha avuto difficoltà a ottenere le linee di credito – e sicuramente non si trattava di cifre dell’ordine di 600 milioni di euro. Intanto c’è da garantire la prosecuzione dell’attività, per non fermare i laminatoi; allo scopo, a metà giugno, da Piombino i sindacati hanno sollecitato per l’ennesima volta l’intervento del Governo, che alla fine si è degnato di intercedere per l’apertura di un prestito da parte delle banche per l’acquisto dei semiprodotti necessari.
Prima ancora della costruzione dell’impianto industriale, andrebbero poi effettuate le bonifiche necessarie, di cui tanto si è parlato, e delle quali ad oggi non è stata nemmeno approvata l’analisi di rischio, indispensabile per la progettazione e la realizzazione. Se si considera che l’impegno reciproco tra Aferpi e Demag è di concludere le operazioni entro l’estate 2018, per avviare la prima colata tra dicembre 2018 e gennaio 2019, vengono da fare almeno due considerazioni, e forse anche tre. La prima che appena un anno fa si parlava di tempi molto diversi, e di produzioni che sarebbero ricominciate nel 2017. La seconda che, allo stato attuale delle cose, anche 28 mesi sembrano un termine molto ottimistico, e comunque interpretabile: 28 mesi a partire da quando? La terza che a giugno 2019 andranno in scadenza gli ammortizzatori sociali per buona parte dei dipendenti ex Lucchini, e se i tempi si allungheranno si aprirà anche per loro una serie di incognite. Per quanto riguarda i dipendenti dell’indotto, già ora e senza prospettive certe, sono 800 quelli che la cassa integrazione l’hanno già persa.
Considerando poi che gli investimenti promessi da Issad Rebrab nel settore agroalimentare a tutt’oggi non hanno avuto la minima realizzazione, e di fabbriche per la produzione di conserve alimentari non si è vista nemmeno l’ombra, non ci sono ragioni perché i lavoratori di Piombino debbano abbassare la guardia.