Già nello scorso numero del nostro giornale commentammo il disastro ferroviario avvenuto il 9 febbraio scorso in Baviera. Due treni regionali, come si ricorderà, si scontrarono frontalmente a velocità elevata causando la morte di 11 persone, tra cui i quattro macchinisti, e il ferimento di 85. I morti avrebbero potuto essere molti di più. Quei treni sono solitamente carichi di studenti, ma le scuole erano chiuse per le vacanze di Carnevale. Dopo pochi giorni, si era capito che la responsabilità del disastro sarebbe stata attribuita all’”errore umano” di qualche ferroviere, macchinista o capostazione che fosse.
Le fonti di informazione riportano un comunicato stampa del Ministro degli Interni bavarese, Joachim Hermann, il quale attribuisce la colpa del disastro al capostazione di Bad Aibling. Nel comunicato si parla precisamente di due errori: il primo sarebbe stato quello di aver dato il via libera contemporaneamente a tutti e due i treni che viaggiavano in senso opposto, il secondo errore, commesso dopo essersi accorto del primo, sarebbe quello di aver inviato il segnale di allarme all’indirizzo sbagliato, cioè non ai macchinisti ma alle stazioni che questi avevano già superato con i loro treni. I capistazione di queste stazioni avrebbero immediatamente segnalato la cosa al capostazione di Bad Aibling ma ormai era troppo tardi per evitare lo scontro. Fin qui la versione apparsa sui giornali, alla quale, come condimento, si è poi aggiunta la circostanza che lo stesso capostazione si era distratto con il telefonino, con i videogiochi o con qualsiasi altra cosa del genere.
Il pacco è stato confezionato! Si spiega tutto: una strage immane causata dall’irresponsabilità di un capostazione. Il colpevole è stato arrestato.
Ora, è vero che non tutti possono conoscere le complicate procedure dell’esercizio ferroviario, che tra l’altro cambiano da paese a paese, ma anche un profano può capire come tutto questo non stia in piedi. L’errore umano è nell’ordine delle cose. Quello che non è pensabile è che la sicurezza e la stessa vita di centinaia di persone siano affidate a una procedura che dipende da una sola persona, una procedura che, evidentemente, non ha in sé alcun elemento inibitore delle decisioni sbagliate.
Il sistema di segnalamento, normalmente, deve essere concepito in modo che se un determinato tratto di linea è occupato da un treno, viene “protetto” da un segnale rosso, questo segnale, a sua volta, attraverso una serie di impulsi elettrici, obbliga il treno che si sta avvicinando ad arrestarsi. Com’è possibile che tutto questo sistema di sicurezza possa essere tanto facilmente aggirato? Per non parlare dell’allarme.
I ferrovieri italiani conoscono molto bene l’allarme generalizzato. Questo può essere trasmesso in qualsiasi momento tanto dai macchinisti, quanto dai capitreno o dai capistazione, il suo azionamento, avvertito contemporaneamente dagli agenti di tutti i treni, impone l’arresto a tutti i treni interessati fintanto che non si chiarisce chi come e perché lo ha inviato. Dobbiamo pensare che in una nazione all’avanguardia per la tecnologia come la Germania non esiste niente del genere?
Insomma, quel poco che si può dedurre dalle fonti giornalistiche e ministeriali ci dice che la vita dei pendolari è affidata a un sistema incredibilmente insicuro. La corsa ai risparmi nei costi di gestione, così sembrerebbe, ha aperto delle voragini nei tradizionali criteri regolamentari che garantiscono la sicurezza della circolazione. Del resto, il servizio in quella linea è svolto da una compagnia ferroviaria privata.
La domanda inquietante ma inevitabile è: questo disastro è un’immagine del passato o del futuro del trasporto ferroviario?
R.C.