“O attraversiamo questa frontiera col rischio di morire, oppure moriremo in Grecia. Ne abbiamo abbastanza delle risoluzioni a ripetizione dell'Unione europea”. È ciò che ha dichiarato ai giornalisti uno dei cinquecento migranti che hanno tentato di forzare la frontiera tra la Grecia e la Macedonia, domenica 10 aprile, vicino al campo di Idomeni. Per impedire loro di passare, la polizia macedone ha utilizzato gas lacrimogeni e, secondo molti medici, pallottole di gomma. Tra 250 e 300 persone sono rimaste ferite, tra cui bambini piccoli.
Questa dichiarazione riassume la disperazione di queste donne e uomini vittime della politica iniqua dei dirigenti europei. Dalla fine di febbraio, decine di migliaia di profughi si fermano a questa frontiera ormai contornata di filo spinato, sulla strada dei Balcani, tra la Grecia e l'Europa del Nord. A Idomeni, tra 10 e 15.000 persone sopravvivono in condizioni miserabili, sotto tende individuali, quasi senza elettricità, con meno di 150 bagni, una ventina di docce, con poco da mangiare e pochi servizi medici.
Altri profughi sono bloccati in Macedonia, in Serbia o in Croazia, impediti a proseguire la loro strada verso la Germania, dove molti sono attesi dai parenti. Si ammucchiano in campi ancora peggiori come quello di Tabanovce, al nord della Macedonia.
I governi degli stati balcanici, colpiti tanto dalla crisi economica quanto dalla crisi migratoria, sono diventati le guardie di frontiera dell'Europa ricca. Le autorità macedoni hanno decretato lo stato d'emergenza, cosa che può soltanto inasprire le violenze poliziesche ed alimentare un clima d'ostilità riguardo ai migranti. Nei Balcani come quasi ovunque in Europa e non solo all'est, i politici al potere sono pronti a giocare sulla paura dei migranti per guadagnare consensi.
Dopo le violenze di Idomeni, il Primo Ministro greco Tsipras ha denunciato il comportamento indegno dell'Europa e delle autorità macedoni di fronte all'assalto disperato dei migranti. È giusto, ma l'indignazione di Tsipras sarebbe più credibile se non avesse accettato lui stesso di fare il lavoro sporco per i paesi ricchi dell'Unione europea. Così, il 4 aprile, una barca greca ha respinto di forza 202 migranti dalle isole greche. Era l'attuazione pratica dei vergognosi accordi conclusi tra l'Unione europea e la Turchia; che prevedono il rinvio verso questo paese di tutti i migranti che non si presume non abbiano diritto all'asilo politico in Europa.
Dopo questa misura odiosa, che ha suscitato lo sdegno di molti greci, il governo Tsipras ha annunciato la sospensione temporanea di questi respingimenti forzati. In mancanza dei traduttori o degli esperti del diritto d'asilo promessi dai dirigenti dell'Unione europea, la Grecia è incapace di trattare le migliaia di domande sottoscritte nel paese, e quindi anche di fare la selezione tra i felici che potranno restare in Europa e gli infelici che saranno rinviati verso l'inferno che hanno fuggito.
Intanto, di fronte a queste difficoltà, la strada della migrazione comincia a cambiare. Gli sbarchi di clandestini venuti dalla Libia o dall'Egitto ricominciano sulle coste italiane, ed anche i naufragi di barconi con centinaia di persone a bordo. L'Austria prende già le misure per fermare una nuova ondata di migranti al passo del Brennero. Sia per la loro politica indegna riguardo ai migranti, sia perché i loro interventi in Medio Oriente sono all'origine del dramma che vive questa regione, i principali dirigenti europei sono responsabili di una tragedia umanitaria che sta per aggravarsi, e i dirigenti italiani ne sono completamente complici.
S.M.