Dopo le due manifestazioni che si sono svolte nel mese di gennaio a Parma, una organizzata da Cgil e Cisl il 23 gennaio contro la prosecuzione della mobilitazione da parte dei facchini e l'altra, in risposta, dal S.I.Cobas il 30 gennaio, la situazione alla Bormioli di Fidenza è andata degenerando a tutto vantaggio della parte padronale. La resistenza da parte dei facchini organizzati dal S.I.Cobas aveva spiazzato sia la classe padronale sia le dirigenze dei sindacati confederali.
A livello locale, in ambito Cgil la lotta guidata dal S.I. Cobas ha suscitato forti malumori, che hanno addirittura portato ad atteggiamenti e giudizi che ben poco hanno a che fare con una militanza sindacale ispirata ai più elementari e prioritari principi di difesa della classe lavoratrice. Di fronte ad una manifestazione di lotta e ad un impegno sindacale percepiti e additati come una pericolosa forma di “concorrenza” e di perturbazione delle “normali” relazioni con la parte aziendale, in Cgil, al di là di quelle che potevano essere legittime critiche allo specifico operato dei facchini del S.I. Cobas, ha preso forma, nei confronti di questa mobilitazione, una reazione improntata al disconoscimento del suo significato e della sua dignità di lotta operaia. Fino al manifestarsi di un clima persino favorevole ad una sorta di alleanza con l'azienda, se non ad un'imposizione dell'ordine, pur di togliere spazio al sindacato “concorrente”.
Quella della delegittimazione e del contrasto più accanito verso organismi ed esperienze che perseguono autonomamente una difesa degli interessi dei lavoratori è una prassi, un riflesso ormai istintivo, che ha una lunga storia nel Pci, nei suoi eredi e negli ambiti sindacali ad essi collegati. Di fronte agli interessi di bottega, gli interessi di classe, la comune appartenenza di classe, devono evidentemente cedere il passo.
Per fortuna anche in Cgil ci sono lavoratori a cui non andava a genio lo scenario di una protesta operaia, sia pure organizzata da sigle altrui, schiacciata dai padroni e spazzata via dalle forze dell'ordine. In questo senso sono affiorate espressioni di solidarietà nei confronti dei facchini in lotta e riserve verso l'orientamento dei vertici duramente ostile verso questa protesta. Questi segnali di una più matura coscienza di classe non sono stati però tali da contrastare con efficacia la linea della delegittimazione della mobilitazione “irregolare”. Intanto la lotta dei facchini veniva repressa dalla polizia, senza che dagli altri lavoratori della Bormioli provenisse una qualche significativa dimostrazione di solidarietà.
Abbiamo potuto recentemente constatare come fuori dai cancelli ora non vi sia più alcun lavoratore in lotta, nemmeno più una bandiera del S.I.Cobas. La Bormioli è stata “ripulita”, è stato riportato l'ordine. I dirigenti e i burocrati confederali possono, quindi, fregarsi le mani per quella che nella loro ottica è una vittoria. In realtà però se una vertenza, se una lotta condotta da lavoratori, viene risolta dal manganello, è tutto il movimento sindacale, è la stessa logica dell'organizzazione di difesa dei lavoratori, ad essere sconfitti.
Se si fosse voluto dimostrare ai sindacati autonomi, ai loro iscritti, l'importanza che ancora può rivestire un sindacato come la Cgil per consistenza, influenza e capacità di azione, allora si sarebbe dovuto porre la forza della Cgil a difesa dei facchini alla Bormioli. L'immagine di un cordone di lavoratori della Cgil disposto a barriera tra i facchini e le forze di polizia, facendo passare in secondo piano a fronte della priorità della difesa di classe le critiche al sindacalismo autonomo, avrebbe offerto un'immagine portentosa di integrità e maturità sindacali.
Non è andata così. Altre logiche hanno prevalso. Ed ecco, quindi, l'ennesimo atto di forza contro i lavoratori che si organizzano per una difesa di classe, l'ennesima conferma della distanza ormai creatasi tra le dirigenze Cgil e una prassi sindacale improntata su questa difesa, l'ennesimo punto a favore della parte padronale. Al contempo però anche un nuovo elemento di riflessione e di aspro insegnamento per i lavoratori che si vogliono impegnare nella costruzione di un argine contro le ormai spudorate prevaricazioni della classe padronale e dei suoi poteri politici.