Il dominio delle “corporation” esce più forte dalla crisi

La più recente acquisizione di un grande gruppo industriale da parte di un altro riguarda la Pfizer, americana, e l’irlandese Allergan. In questo modo nascerà la corporation chimico-farmaceutica più grande del mondo, con una capitalizzazione di 321 miliardi di dollari. L’importanza dell’operazione travalica però i limiti del proprio settore merceologico, si tratta infatti della più grande fusione di imprese dell’anno e di una delle più grandi di sempre. Del resto, secondo il giudizio unanime degli analisti, il 2015 si è rivelato un anno d’oro per le operazioni di mergers & acquisitions (fusioni e acquisizioni), che hanno già superato, di cento miliardi, il record del 2007 di 4.100 miliardi di dollari.

La crisi – spiegano gli esperti- ha favorito la concentrazione dei più potenti gruppi economici mondiali, che sono spinti verso il gigantismo sia dalle riorganizzazioni interne, che dal basso costo del denaro. Meglio sarebbe dire che i grandi gruppi capitalistici hanno spinto le politiche finanziarie dei governi e delle banche centrali nella direzione voluta e queste politiche, guarda caso, li hanno favoriti.

Non potrebbe essere altrimenti. Se guardiamo alle dimensioni delle più grandi corporation, ci rendiamo conto della loro “potenza di fuoco” non solo economica ma anche politica. La Wall-Mart, per esempio, ha incassato qualcosa come 486 miliardi di dollari nel 2014, la Shell ne ha incassati 431. Il prodotto interno lordo di paesi come l’Iran (370 miliardi) o l’Austria (428 miliardi) si aggira attorno a quanto entra nelle casse di uno solo di questi giganti finanziari.

Ma gli anni della crisi hanno anche operato nel senso di una ulteriore concentrazione geografica. Secondo un rapporto del centro di ricerche economiche inglese PwC Analysis, delle prime cento corporation mondiali per capitalizzazione, nel 2009, 42 erano basate negli Stati Uniti. Nel 2014 erano già 47 e nell’anno in corso sono 53! Gli stessi anni vedono la Cina mantenere nel 2015 le stesse 11 società che aveva nel 2009, dopo essere scesa a 8 lo scorso anno. La Germania passa da 5 a 6 e mantiene questo numero. La Francia parte con 7 imprese nel 2009, scende a 5 nel 2014 e ulteriormente a 4 quest’anno. Il Giappone frana da 6 a 2 e rimane con 2 corporation. L’Italia sparisce dalla classifica.

In sintesi, se non è possibile sostenere che l’economia mondiale è uscita dalla crisi, è possibile però riconoscere quali organismi si sono rafforzati al suo interno. Fra questi ci sono indubbiamente le più grandi imprese multinazionali e, fra queste, quelle basate in America fanno la parte del leone. Oltre a questo, bisogna aggiungere che tra le prime 10 imprese produttrici di armi nel mondo ben 6 sono statunitensi. La supremazia economica si traduce in supremazia militare e questa in egemonia politica.

R.Corsini