Il 25 novembre si è concluso il referendum sul nuovo Contratto nazionale del settore chimico-farmaceutico. Un contratto peggiorativo su quasi tutti i fronti, fatto passare nelle assemblee come il massimo che si poteva ottenere, seppure sia stato siglato in tutta fretta dai confederali senza proclamare nemmeno un’ora di sciopero.
Dal punto di vista economico, il nuovo contratto è un insulto ai lavoratori, i quali materialmente producono e confezionano tutta la ricchezza di cui il comparto chimico si può vantare. Esso non contempla aumenti per il 2016, anzi, prevede la revoca a dicembre del 2016 dell’ultima tranche di aumento del contratto in scadenza. Gli unici aumenti contrattuali previsti consistono in 90 euro spalmati tra il 2017 ed il 2018 a condizione però che il tasso d’inflazione non diminuisca.
Anche sugli altri fronti è un vero e proprio disastro: la formazione delle RSU verrà attuata direttamente dalle aziende, le ore di sospensione in caso di azioni disciplinari aumenteranno, i certificati di malattia andranno consegnati entro 24 ore anziché entro 3 giorni, ma soprattutto vi sarà un aumento vertiginoso dei poteri attribuiti alla contrattazione di secondo livello. Insomma: uno smantellamento, i cui prodromi risalgono ad alcuni anni fa con l’abolizione degli scatti di anzianità, di tutte quelle conquiste che avevano fatto del Ccnl dei chimici uno dei contratti più vantaggiosi per i lavoratori, nello scenario italiano.
La cosa che più colpisce e scandalizza, è che questo pessimo contratto non è stato il prezzo da pagare per una sconfitta a seguito di una battaglia combattuta e persa, ma bensì il risultato della non-lotta. E’ stata la conseguenza della totale rinuncia a tutti quegli strumenti storicamente vincenti (scioperi e occupazioni delle fabbriche), che la nostra classe ha da sempre utilizzato per strappare agli imprenditori salari più alti e condizioni di lavoro migliori.
Tuttavia, un merito importante questo contratto lo ha: dimostrare senza tema di smentita nero su bianco cosa accade quando la nostra classe smette di lottare, ed i sindacati conseguentemente, perdono l’abitudine ad essere organizzatori delle lotte. Se i lavoratori si fermano, gli imprenditori avanzano, prendendo tutto quello che è possibile prendere, e la nostra classe perde tutto quello che gli operai delle generazioni passate hanno conquistato spesso a costo di sacrifici enormi.
In aggiunta a tutto questo, chi scrive, è stato testimone diretto dell’utilizzo da parte di esponenti dei sindacati confederali, che presentavano e sostenevano la bozza nelle assemblee, non solo di toni e retoriche in nulla associabili ad un impegno a difesa dei lavoratori, ma addirittura di allusioni alla possibilità di “aggiustare” l’esito del voto.
Nello stabilimento SAPICI di S. Cipriano Po (Pavia), il sindacalista della Femca-Cisl che presentava ed elogiava la bozza, messo all’angolo dalle critiche di un lavoratore, non trovava altre argomentazioni con cui controbattere se non quella di rivendicare il monopolio del diritto di parola in assemblea.
«Questo spazio è mio, e non dei lavoratori!» tuonava irritato il sindacalista, il quale, di fronte alla platea dei lavoratori che, se pur risicata, respingeva compatta la bozza, aggiungeva minaccioso: «Ecco vedete? Io seppur consapevole dell’esito negativo del voto mi sono presentato ugualmente. Avrei potuto infatti non presentarmi e scrivere quel che volevo sulle schede, tanto voi non lo avreste mai saputo!».
Anche dal punto di osservazione dello stabilimento Glaxo di San Polo di Torrile (Parma), la faccenda ha avuto sviluppi analoghi. Dirigenti Cgil gettatisi a capofitto nell'impresa di presentare il contratto come il massimo ottenibile o come la soluzione in fin dei conti più accettabile data l'agguerrita tattica negoziale della controparte, il tutto in un clima di mobilitazione sindacale più volta a "vendere" ai lavoratori i presunti meriti dell'accordo che ad organizzare un'autentica difesa di classe.
La variante, nell'operazione di far passare anche una resa incondizionata come il pragmatico conseguimento del meno peggio, è consistita in questo caso nell'indicazione dall'alto, nel corso di un direttivo provinciale, di far confluire maldipancia e obiezioni nell'opzione dell'astensione, in nome di discutibili tatticismi presentati come una scelta più sagace rispetto ad un chiaro rifiuto dell'ennesima dimostrazione di subordinazione ai piani padronali. Se in sede di direttivo, dove la campagna a favore del contratto ha potuto dispiegarsi, nelle sue varie sfaccettature, in tutta la sua forza, i no sono stati una esigua minoranza, nella votazione tenutasi nell'assemblea dei lavoratoti dello stabilimento, la percentuale dei no ha raggiunto il 40% circa. Pur prevalendo, quindi, anche in questa circostanza il sì, il serpeggiare tra i lavoratori di un malcontento nei confronti dell'ennesima mazzata e il rischio che lavoratori coscienti potessero dare voce e concretezza a questo sentire diffuso hanno indotto i dirigenti sindacali a mettere in campo toni allarmistici e a diversificare gli atteggiamenti e le proposte, sempre però nel comune segno della rinuncia di un'autonoma e combattiva risposta di classe.
La tornata di consultazioni e di voto per il contratto dei chimici ha, quindi, portato ancora una volta alla luce tutto un arsenale di espedienti, di argomentazioni ingannevoli, di retorica avvilente, di pulsioni talvolta persino intimidatorie a cui le burocrazie sindacali evidentemente non sembrano più in grado di rinunciare quando devono rapportarsi ai lavoratori e alle loro resistenze.
Atteggiamenti e pratiche simili non ci stupiscono, giacchè taluni ambiti sindacali sono passati in toto dalla parte del padronato assumendosi il compito di imbonire i lavoratori, spacciando loro le decisioni e i programmi delle aziende. Diamo per certo oltretutto che, nella misura in cui le critiche dei lavoratori dovessero aumentare, da costoro dovremmo attenderci anche di peggio.
Ebbene, in tale clima, secondo le fonti confederali, il nuovo contratto è stato approvato da ben l’85% dei lavoratori chiamati a votare.
Corrispondenza Glaxo, Pavia