Qualsiasi formazione vinca le elezioni i lavoratori non debbono aspettarsi niente di positivo. Solo la lotta, la solidarietà attiva dei lavoratori degli altri paesi europei, l'organizzazione, la coscienza di classe possono arginare la politica antioperaia portata avanti dal capitalismo finanziario europeo e internazionale e dalla borghesia greca sua alleata.
La lunga estate politica greca si sta concludendo con le elezioni politiche anticipate. Un'estate che è stata scandita da una serie di passi: il referendum, la firma del nuovo memorandum a Bruxelles, la sua approvazione da parte del parlamento greco un paio di giorni dopo, il varo delle misure del cosiddetto risanamento economico il 14 agosto, lo scioglimento delle camere e la decisione di tornare al voto il 20 settembre. Il varo delle misure, la loro articolazione nei tempi e nei modi imposti dalla troika, ha sancito una scissione, ormai inevitabile, all'interno del SYRIZA. Infatti sia l'approvazione del memorandum firmato da Tsipras, sia il varo delle misure vere e proprie sono state possibili grazie al voto favorevole dei socialisti del PASOK e dei partiti di centro destra. Che il "primo governo di sinistra" aveva perso la maggioranza è stato ancor più evidente il 14 agosto, quando 47 deputati governativi non hanno votato le misure dell'esecutivo.
In cambio di un accordo triennale che prevede un prestito di 86 miliardi di euro (da notare che oltre l'80% di questa cifra servirà per pagare prestiti precedenti o interessi sui prestiti precedenti, quindi i soldi serviranno per salvare i finanzieri e non tanto il popolo greco) il governo si è impegnato a varare una serie di riforme. Sarà aumentata gradualmente l'età pensionistica, non saranno più possibili prepensionamenti (decine di migliaia di lavoratori non più giovani rimasti disoccupati per la crisi perderanno la possibilità di andare un giorno in pensione a meno di non trovare una improbabile lavoro in una difficilissima situazione economica), vi sarà una "razionalizzazione" della previdenza sociale, è previsto l'aumento dell'IVA e in particolare l'abolizione dell'IVA agevolata per le isole, la liberalizzazione del mercato dell'energia la privatizzazione dei porti e degli aeroporti, la creazione di un fondo indipendente per le privatizzazioni, dove saranno trasferiti beni pubblici greci per 50 miliardi di euro.
Una volta varate le misure, verificato che non esisteva più la maggioranza Tsipras ha dato le dimissioni, è stato varato un governo di servizio con a capo un alto magistrato, Vasilikì Thanou, una donna, è la prima volta nella storia greca, e sono state indette le elezioni per domenica 20 settembre.
All'interno del SYRIZA il disastro politico di luglio e l'inversione di rotta di 180 gradi ha portato a un grande terremoto politico. Tsipras ha deciso di procedere nonostante i dissensi all'interno del partito e nonostante che la maggioranza del comitato centrale del SYRIZA si fosse pronunciata contro la firma del nuovo memorandum.
L'ex ministro della ricostruzione economica, dell'ambiente e dell'energia, Panaghiotis Lafazanis, estromesso dal governo il 17 luglio, ha deciso, insieme ad altri 25 deputati, di abbandonare il SYRIZA fondando un nuovo partito, Ethnikì Enotita (Unità Popolare), che si proclama fedele ai principi anti-memorandum e al NO del referendum del 5 luglio, anche a costo di vedere la Grecia ritornare ad una moneta nazionale. A fianco di questa scissione organizzata nel SYRIZA si sta verificando una diaspora forse ben più grande: un gran numero di simpatizzanti, di militanti, di dirigenti, l'intera organizzazione giovanile, gran parte dell'originario corpo attivo del partito hanno scelto o di abbandonare il partito o comunque di non impegnarsi nell'attività politica con sentimento di grande delusione e di attesa. La struttura del partito, abbandonata da buona parte della "vecchia guardia" è composta da molti nuovi arrivati spesso provenienti dal vecchio PASOK ormai in disfacimento.
Chiaramente, come era da immaginarsi, l'acuirsi della crisi ha modificato le ideologie e i partiti politici. L'incertezza di un prossimo governo stabile, che tanto preoccupa i centri finanziari e le principali cancellerie europee, è proprio figlia di questo clima. Ai due partiti maggiori, SYRIZA e Nea Dimokratia, si affianca una mezza dozzina di partiti e partitini che entreranno, probabilmente tutti, in parlamento: dai neonazisti di Alba Dorata, ai Greci Indipendenti, il partito nazionalpopulista fedele alleato del governo Tsipras, dagli stalinisti dichiarati del KKE ai liberaldemocratici di To Potami (Il Fiume), da Unità Popolare a Enosi Kentroon (Unione dei Centristi) il piccolissimo partito personale di Vasilis Leventis un ex proprietario di un canale televisivo, che potrebbe avere i consensi per entrare per la prima volta in parlamento.
Dopo il 20 settembre, qualunque governo si formerà, comunque sarà un governo la cui politica non potrà essere che quella dettata dalla troika e accettata dal capitalismo greco che ha scelto di rimanere dentro il carro dell'Unione Europea a qualsiasi costo.
Dal punto di vista dei lavoratori la breve esperienza di un "governo di sinistra" in Grecia ha nuovamente dimostrato il fallimento del riformismo. Il governo Tsipras era partito con l'illusione di mettersi al tavolino con i rappresentati dei centri finanziari e politici del la borghesia europea e indurli "a ragionare". L'ex ministro dell'economia Varoufakis nelle sue conferenze si proponeva come colui che aveva la ricetta per salvare il capitalismo da "sinistra" e che questa era l'unica via d'uscita per un sistema capitalista sempre più in crisi. Per indurre la "controparte" a trattare il governo greco durante tutta la primavera non ha esitato di rinunciare mano a mano a molti punti del suo programma, già molto ammorbidito prima delle elezioni di gennaio, dall'aumento del salario minimo vitale all'opporsi alla privatizzazione del porto del Pireo. Al diniego duro e chiaro di Bruxelles il governo del SYRIZA non esitato per sopravvivere di mettersi apertamente a servizio del capitalismo greco ed europeo, portando avanti una politica sostanzialmente uguale a quella dei governi di centrodestra che l'hanno preceduto.
Come molte volte è già successo nella storia, l'illusione che il peso elettorale contasse di più del peso delle lotte e dell'organizzazione di classe è caduta miseramente davanti al muro elevato dal potere economico e finanziario.
Solo una lotta di massa che spazi oltre gli angusti limiti della piccola Grecia, che faccia leva sulla solidarietà dei lavoratori degli altri paesi europei, potrà diventare lo strumento per aprire delle brecce in questo muro. Più si formeranno avanguardie coscienti disposte ad unirsi in un partito di classe, più questa prospettiva prenderà piede. Certo una prospettiva del genere non potrà essere che lunga e contraddittoria, ma non esiste altra alternativa alla barbarie che il capitalismo ogni giorno di più sta riservando all'umanità.
Corrispondenza da Atene