Gli esponenti del governo continuano a leggere le statistiche come vogliono. Così raccontano che siamo ormai in una fase di netto miglioramento economico con un aumento del numero degli occupati. Di questo miglioramento sono molti a non essersi accorti. Tra questi, i lavoratori e le lavoratrici di People Care, una società che operava come call center, effettuando, per conto di Seat-Pagine Gialle i servizi 1240 e 892424, fino ad occupare quasi 450 lavoratori, in prevalenza donne, nel suo impianto di Guasticce, alle porte di Livorno.
L’odissea delle lavoratrici di People Care è cominciata qualche giorno prima di Natale 2014, con l’annuncio della chiusura dell’impianto e dei licenziamenti collettivi entro il 31 maggio, data in cui scadeva la commessa della Seat. Iniziano, naturalmente, mobilitazioni e lotte, mentre su tutto “veglia” la Regione Toscana e il suo presidente, Enrico Rossi, che annuncia di volersi far carico degli interessi dei lavoratori e di voler seguire in prima persona le trattative al Ministero dello Sviluppo economico (MISE).
L’epilogo è quello che si è visto, purtroppo, in tante altre occasioni simili. Si cerca, da parte delle istituzioni, un compratore e questo, se c’è, non conferma a lavoro che una frazione del totale dei lavoratori occupati in precedenza. In compenso fa il pieno di tutti gli incentivi e le facilitazioni economiche possibili e immaginabili, senza peraltro essere vincolato al mantenimento dei posti di lavoro.
Così, il 24 giugno, al tavolo del MISE, si è verbalizzata la “disponibilità” da parte della società Comdata ad aprire una newcompany nel sito di Guasticce e ad assumere 170 dei 450 lavoratori della People Care che hanno perso il posto, a condizione che non ci siano aggravi di costi e che la Seat accetti di attribuire di nuovo la commessa al sito livornese. Nel verbale si legge anche della “disponibilità” a impiegare altri settanta lavoratori nell’impianto di La Spezia, ma con contratti part-time di 20 ore alla settimana.
Ma anche se tutte queste “disponibilità” si confermassero, che ne sarà degli altri lavoratori?
Il governatore Rossi ha dichiarato: “Il nostro obiettivo resta quello di ridare lavoro a tutti. Quella del Call Center è una questione nazionale. Ho visto negli occhi le lavoratrici e i lavoratori di People Care e li ho nel cuore. Il tavolo nazionale permanente rimane aperto”.
Parole. I fatti, per ora, sono che 450 lavoratori hanno poco più che un pugno di mosche in mano. L’ultimo oltraggio che hanno dovuto subire, e contro il quale si sono mobilitati il 10 luglio sotto la Prefettura di Livorno, è quello del non pagamento del TFR, la cui erogazione è stata arbitrariamente condizionata , dal management di People Care , alla vendita delle attrezzature alla Comdata. Così un diritto sacrosanto dei lavoratori, quello di riavere i soldi accantonati nel tempo nel fondo per il TFR, è divenuto ostaggio della trattativa fra proprietari dell’ex People Care e subentranti. Oltre a questo, ma è una beffa che hanno dovuto subire tutti i lavoratori licenziati in Italia, il software per il pagamento della nuova indennità di disoccupazione prevista dal Jobs Act, non è stato fornito all’INPS che il 14 luglio.
Una vertenza dura, difficile e non ancora finita. Una vicenda che ripropone la necessità di una lotta generale della classe lavoratrice per ottenere un salario garantito in caso di licenziamenti o di chiusura di impianti, un salario che deve essere corrisposto integro fino al momento di una nuova assunzione in un posto di lavoro alle stesse condizioni economiche di quello perduto e ad una distanza ragionevole dal proprio luogo di abitazione. Un obiettivo di pura e semplice sopravvivenza che però incontrerebbe tante resistenze da parte padronale e governativa da richiedere una mobilitazione ben più vasta e la messa in campo di una forza rivendicativa ben più grande di quella dei dipendenti di una singola azienda.
Corrispondenza Livorno