Il significato del voto degli elettori greci, il 25 gennaio, è stato inequivocabile. Si è trattato di un voto contro l'austerità, nonostante la pressione dei principali finanziatori della Grecia rappresentati dalla Troika - Fmi, Bce e Commissione europea - e nonostante il ricatto di chi ha predetto un apocalisse finanziaria in caso di vittoria di Syriza.
Certamente questo voto può essere l'espressione di un rifiuto puramente elettorale dei partiti responsabili della politica d'austerità, e può anche comportare l'illusione che per cambiare politica basti cambiare la squadra al potere. Ma anche se è stata un'espressione strettamente elettorale, questa si è indirizzatasi su Syriza e non su Alba Dorata, il partito neo-nazista, e questo indica un voto molto più consapevole.
E poi il voto degli elettori greci può anche indicare la volontà di non accettare più queste politiche disastrose imposte dall'alto. Inoltre i lavoratori greci hanno condotto in questi anni lotte significative, protestando contro i licenziamenti e mobilitandosi in decine di migliaia per parecchi giorni di sciopero generale. La questione della combattività delle classi lavoratrici sarà decisiva per il futuro.
Il braccio di ferro tra Tsipras e i dirigenti europei
Il governo Tsipras è impegnato in una prova di forza con le istituzioni internazionali della borghesia ed ha già dovuto fare significative concessioni. La sfida per lui è allentare la morsa finanziaria che non gli lascia alcun margine di manovra. La sfida per la borghesia internazionale, rappresentata dalle varie istituzioni della cosiddetta “Troika” è di affermare che non si può mettere in discussione né il debito, né il suo diritto di prelevare sotto forma di interessi la sua prebenda dallo Stato greco e in realtà dalle sue classi sfruttate. Il pagamento del debito è una legge di ferro per la borghesia. E in questo momento di crisi e di finanziarizzazione dell'economia, la borghesia più che mai conta su questa manna rappresentata dal debito degli Stati.
Ma entrambe le parti hanno in comune la paura di un confronto brutale, per paura delle reazioni popolari che potrebbe provocare, ma anche e soprattutto per il timore dei movimenti speculativi che ne potrebbero derivare. Una nuova crisi del debito greco potrebbe causare una crisi finanziaria in Europa e minare l'euro. Tsipras da una parte, i politici a capo delle istituzioni della borghesia europea, dall'altro, hanno interesse a cercare il compromesso, e questo è possibile. I ministri di SYRIZA non sono rivoluzionari e non lo nascondono.
Tsipras e tutti i suoi ministri parlano e pensano come qualsiasi funzionario responsabile per la borghesia. Il fragoroso ministro delle Finanze greco, Varufakis, ha assicurato che: "Il governo greco non agirà unilateralmente”. Per non creare panico dei mercati finanziari, i nuovi dirigenti greci giurano, come gli altri, che hanno il desiderio di equilibrare il bilancio. E infinitamente di più, rispettano la proprietà privata. Nessuno di loro vuole sfidare le leggi del capitalismo.
La prova di forza sarà tra i lavoratori e la borghesia
I dirigenti greci troveranno o meno un compromesso con i dirigenti europei? Si vedrà rapidamente qual'è la determinazione di Tsipras nei loro confronti. Ma Syriza non si è solo impegnata a rinegoziare il debito. Ha annunciato misure concrete per i lavoratori come l'aumento del salario minimo e delle basse pensioni e la riassunzione di migliaia di statali. Se i lavoratori vogliono che queste misure siano applicate, può dipendere da loro. Non bisogna scommettere sulla forza di convinzione del governo Tsipras di fronte ai dirigenti europei. Bisogna immischiarsi in questo confronto, mostrare la forza dei lavoratori e la loro volontà di mantenere le proprie esigenze.
Infatti, anche se il governo greco riuscisse a rinegoziare il debito, qual'è per esempio la garanzia che l'aumento del salario minimo sarà applicato? L'annuncio di questo aumento può perdersi nei meandri parlamentari. E può perdersi soprattutto per la resistenza della borghesia greca. Non basterà un decreto del governo a fare sì che i grandi imprenditori greci, abituati a fare da padroni e a pagare gli stipendi in nero, rispettino il salario minimo. Per la borghesia avida di un paese povero, come per i suoi datori d'ordini che sono i ricchi paesi capitalisti, la questione dei bassi salari è un tema cruciale. Il solo annuncio di questo aumento può aumentare la loro ostilità.
D'altra parte il governo greco ha promesso di riempire le casse dello Stato facendo pagare le tasse agli oligarchi greci e alla Chiesa ortodossa. È vero che nulla di serio si potrà fare in Grecia senza toccare le enormi fortune che questi signori hanno accumulate e che la Chiesa, primo proprietario fondiario del paese, ha in proprio.
Sicuramente i popi saranno più sensibili alle pretese di Tsipras di fargli pagare tasse che non al suo rifiuto di giurare sulla Bibbia. E gli ambienti agiati della Grecia non hanno detto la loro ultima parola. Nuova Democrazia, il partito di destra in cui si riconosce la borghesia grande e media, se non la più piccola, ha mantenuto i suoi risultati elettorali. Mantiene anche molte posizioni nell'apparato statale. Per mettere bastoni nelle ruote del nuovo governo, la borghesia avrà molte possibilità.
Sarà per provare a rabbonire questi ambienti che Tsipras ha forgiato un'alleanza con il partito di destra dei Greci Indipendenti? Comunque i legami di questo partito con gli ambienti d'affari sono noti. Oggi il suo capofila è ministro della Difesa. Il suo programma nazionalista e le sue dichiarazioni razziste contro "i buddisti, gli ebrei, gli immigrati che non pagano le tasse" mentre la Chiesa ortodossa "rischiava di perdere i suoi monasteri" hanno di ché fare piacere all'ambiente più reazionario, e in particolare all'esercito.
Ma pensare che si può avere la neutralità di nemici di questo tipo dando a qualcuno il posto di ministro delle forze armate è un'illusione. Questo fu il ragionamento di Allende in Cile nel 1970 quando installò Pinochet a capo dell'esercito. Tre anni più tardi, lo stesso Pinochet faceva un colpo di stato ed instaurava la sua dittatura militare.
L'unica garanzia per i lavoratori che le misure promesse saranno attuate, sta nella loro capacità di mobilitarsi e organizzarsi.
La necessaria mobilitazione dei lavoratori
Il pericolo della situazione sarebbe che la classe operaia rimanesse passiva. Senza l'intervento delle masse, senza una pressione popolare che possa fare piegare la borghesia internazionale e gli oligarchi greci, saranno le misure favorevoli alla classe operaia ad essere sacrificate.
Nella classe operaia greca ci sono tesori di combattività. La popolazione che ieri lottava contro la privatizzazione dell'acqua a Salonicco, le donne delle pulizie del Ministero dell'Economia che lottavano contro il loro licenziamento, le decine di migliaia di donne e uomini che hanno partecipato agli scioperi generali, i militanti operai che hanno combattuto i licenziamenti, sono punti di appoggio per imporre le misure promesse.
Al di là del confronto tra Tsipras e i dirigenti dell'Unione europea, la borghesia greca e la borghesia internazionale si stanno preparando ad una prova di forza. Per imporre misure che sarebbero un progresso importante per loro, i lavoratori dovranno combattere. Il risultato dipenderà dal loro livello di coscienza e livello di organizzazione.
Secondo Tsipras, il governo "è pronto a versare il suo sangue" per "ripristinare la dignità dei Greci". Ma il popolo greco non ha bisogno che i ministri si sacrifichino per lui, ha bisogno di una politica che gli permetta di imporre le proprie esigenze.
L. V