Sono iniziate le prove generali di Expo 2015. Il 7 febbraio scorso a Milano si sono dati appuntamento il capo del governo Renzi e sette suoi ministri, vari rappresentanti delle istituzioni locali, esperti dei 145 paesi partecipanti, vari esponenti della borghesia imprenditoriale e finanziaria per la presentazione ufficale del "grande evento", con la benedizione del papa e del Presidente della repubblica.
Il capitalismo di metà ottocento e primo novecento puntava molto sulle esposizioni universali come occasioni di esibizione del livello di sviluppo delle forze produttive raggiunto e, più in generale, della capacità del sistema economico dominante di essere motore del progresso grazie alle innovazioni tecnologiche. Le esposizioni odierne non ne sono che una caricatura, espressione più della debolezza strutturale del capitalismo, della sua putrescenza galoppante che non di una progressività sociale che il sistema capitalistico non mostra ormai da circa un secolo. Resta, come allora, la grande enfasi esibita dai vari attori che si avvicendano sul palco dello spettacolo fieristico per propagandare il solito ciarpame sciovinistico e di falsa esaltazione ottimistica di una forza propulsiva del paese che in realtà non c'è.
«Il 2015 sarà un anno felix, straordinariamente fertile.... Se l'Italia fa il suo mestiere e gioca la sua partita, possiamo giocarcela con tutti... Se siamo bravi Expo può diventare la cartina di tornasole delle nostre ambizioni, una grande occasione per l'identità italiana». Sono le roboanti parole pronunciate nell'intervento inaugurale da Renzi, ancor più bravo come imbonitore circense di quanto abbia sinora mostrato di esserlo come presidente del Consiglio. Una cosa è certa: Expo 2015, al momento e prima ancora di essere inaugurata, ha mostrato di essere la cartina di tornasole del sistema di corruttele, di sprechi e di supersfruttamento di manodopera che sempre accompagna ogni grande (e piccola) opera in ogni settore dell'economia. Il Rapporto di sostenibilità 2013 degli stessi organizzatori dell'esposizione parla di un costo di investimento iniziale di 3,2 miliardi di euro per le sole opere infrastrutturali (padiglioni, anfiteatro, ecc.). C'è da scommettere che nel tempo questa cifra lieviterà in modo abnorme. Grandi eventi del passato e del presente insegnano! La corruzione, poi, dilaga. Non è bastata, ovviamente, la nomina del magistrato Cantone a superprocuratore con amplissimi poteri di controllo sugli affari di Expo a fermare gli episodi di illegalità nell'assegnazione degli appalti. Sono emblematiche le indagini della procura di Milano a febbraio riguardanti quattro gare per le quali si sospettano reati quali turbativa d'asta e falso ideologico. E' indubbio che se tali indagini si estendessero al campo delle condizioni contrattuali e lavorative (ma c'è da credere che queste indagini non si faranno mai!) emergerebbe la presenza immancabile di appalti che usano manodopera a bassissimo costo, irregolare e senza alcuna tutela antinfortunistica. Cosa dobbiamo aspettarci da organizzatori che pensano di utilizzare 10.000 giovani volontari che dovrebbero lavorare a titolo gratuito all'interno dell'esposizione per 14/15 giorni per 5 ore e 30 minuti ogni giorno?
L'ipocrisia, tuttavia, è sovrana, tanto da intitolare il convegno con la frase a dir poco impegnativa "Nutrire il pianeta - Energia per la vita". Ma lor signori sono abituati a prendere impegni salvo disattenderli puntualmente. Costoro, in ogni caso, non hanno esitato a lanciare la stesura della cosiddetta carta di Milano, lascito immateriale di Expo 2015, impegno dell'Italia nei confronti del mondo, insomma una sorta di protocollo sul cibo da consegnare, in ottobre, al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. A sentire questi soloni, la carta dovrà sancire l'impegno per ridurre gli sprechi e combattere la fame nel mondo. Se non fosse per la drammaticità del tema, verrebbe da ridere di fronte a cotanta incongruenza tra le parole e i fatti! Cosa c'è da aspettarsi, d'altra parte, da chi, come il ministro delle Politiche agricole Martina, propone di inserire il diritto al cibo nella Costituzione. Di tutto possiamo aspettarci da questi parolai, tranne di essere credibili, in primis a quei milioni di lavoratori, di disoccupati e di precari ai quali la Costituzione assicura, ma solo sulla carta, il diritto ad un lavoro e ad un salario dignitosi.
Il 1° maggio venturo si apriranno i cancelli di Expo 2015. Secondo i programmi, l'opera teatrale "La Turandot" dovrebbe inaugurare l'apertura dell'esposizione alla Scala di Milano, ma l'agitazione sindacale in corso potrebbe farla saltare. Renzi, così, nel suo intervento al convegno del 7 febbraio ha ammonito minacciosamente: «Il governo è pronto a tutto contro chi annuncia proteste e manifestazioni per l'apertura. Se c'è qualche minoranza che intende esercitare un inaccettabile diritto di boicottaggio sappia che siamo pronti a tutto, anche a misure normative per evitare una figuraccia internazionale incomprensibile a chiunque». Forse che Renzi si appresta a cancellare nell'articolo 18 pure la tutela dei lavoratori, ancorché formale, in caso di atti discriminatori e antisindacali? I lavoratori non devono lasciarsi intimidire e mettere liberamente in atto ogni iniziativa di lotta che ritengano utile alla soddisfazione delle proprie rivendicazioni.
Il Primo Maggio i lavoratori dovranno sfilare rivendicando che quella è la loro Festa e non dei nuovi imbonitori del capitale e dei suoi prodotti, i quali ormai non sono che corruzione, speculazione finanziaria e superfruttamento.
M.I.