Un migliaio di esuberi

Lucchini Piombino: un gruppo da 800 dipendenti per l’unico possibile acquirente. Almeno 1000 posti di lavoro in meno.


Di certezze a Piombino ce ne sono rimaste veramente poche, ma - stando a quanto è dato sapere dalle ultime vaghe notizie sulle trattative per la cessione – quello che è ragionevolmente certo è che nessuno avrà mai intenzione di rimettere in funzione l’altoforno. Dopodiché, l’unico acquirente ipoteticamente disposto a un’offerta di acquisto è il gruppo indiano Jsw di Saijan Jindal, ma forse parlare di acquisto è una parola troppo grossa…come i suoi predecessori, Lucchini e Severstal, Jindal si aspetta di fare l’affarone. Il commissario straordinario Piero Nardi si è spinto fino in India a conferire con il presunto acquirente, ma fino ad oggi l’unico risultato sembra essere un’offerta di 20 milioni di euro, per i soli laminatoi e per gli impianti marittimi. Tradotto in linguaggio comprensibile, niente forni (nemmeno elettrici, e men che meno il famoso Corex a suo tempo tanto sbandierato), niente cokeria: solo i tre laminatoi, e naturalmente la zona portuale.

Date queste premesse, i conti sono presto fatti: per mandare avanti lo stabilimento così mutilato basterebbero 700-800 lavoratori, per quanto riguarda la Lucchini; per l’indotto, al momento non se ne parla. Gli esuberi quindi, nella migliore delle ipotesi, non sarebbero meno di un migliaio.

Nessuno è in grado di prevedere poi se le intenzioni di Jindal siano di comprare per produrre, o semplicemente di comprare per chiudere – in definitiva per eliminare un concorrente.

Qualunque sia l’intenzione del gruppo indiano, le istituzioni – Regione Toscana e Sindaco in testa – stanno tentando di allettare il compratore promettendo regalie, come una nuova centrale a carbone (con nuovissime tecnologie non inquinanti, assicurano) se solo potesse mantenere un forno elettrico.

L’ipotesi stessa del forno elettrico infatti era sembrata poco proponibile fin dallo spegnimento dell’altoforno il 24 aprile scorso; gli alti costi dell’energia non la rendevano appetibile…di qui la necessità di offrire anche energia a buon mercato al compratore. Va da sé che le istituzioni locali stiano cercando di coinvolgere il Governo nel progetto, ma non pare che la truppa di Renzi sia molto sensibile.

Nel frattempo anche la cokeria, esaurite le scorte, si è fermata. A Piombino si assiste a un fenomeno mai verificato prima: dalla fabbrica non sale più nessun vapore e nessun fumo. Svanita l’illusione del magnate arabo, finito anche l’abbaglio della Concordia, verosimilmente non trasportabile in un porto come quello di Piombino con un fondale insufficiente, ma per mesi accreditato come l’ipotesi più concreta, il nuovo miraggio è la centrale a carbone. Che si realizzi o no, rimane un diversivo intorno al quale discutere per dissimulare il problema più concreto: il futuro dei lavoratori dello stabilimento e dell’indotto.

Di fatto la vicenda Lucchini non si differenzia da quella di altre fabbriche ridimensionate o dismesse negli anni. La capacità di lotta e di resistenza dei lavoratori viene progressivamente fiaccata ed esaurita fino allo sfinimento con ogni sorta di diversivo, ai quali i sindacati non si sottraggono, dato che costituisce piuttosto il loro ambito naturale. Trattare di cassa integrazione o di altri ammortizzatori, come tentare di coinvolgere sindaci o presidenti di Regione, sembra sia loro più congeniale che tentare di organizzare i lavoratori per una lotta che tenga conto innanzi tutto delle loro esigenze. Che – a prescindere dalle sorti della fabbrica - sono in prima istanza quelle di continuare a vivere dignitosamente con le loro famiglie.

Proprio questo diventa sempre più difficile in ogni realtà sociale dove il processo produttivo viene interrotto, e Piombino ovviamente non fa eccezione.

Anche a Piombino aumentano le situazioni di disagio sociale, con famiglie che non riescono più a pagare le rate del mutuo o ricorrono alle sedi locali della Caritas per le necessità più urgenti. Nel 2013 sono stati circa 750 i casi di ricorso all’assistenza, ma sono in aumento. L’intero tessuto economico è in difficoltà, compresa la rete di negozi e piccole attività costrette alla chiusura. Peraltro, la conflittualità registra una fase di stallo che dura ormai da mesi, con episodi sporadici di protesta, come lo sciopero della fame messo in atto da un lavoratore esasperato alla fine di agosto. Quello che aspetta i lavoratori nell’immediato futuro avrà bisogno invece di tutta la loro forza e della loro determinazione per una risposta efficace.

Corrispondenza Piombino