Alla Maserati di Grugliasco - Ritmi insopportabili per chi lavora, cassa integrazione per gli altri!

Secondo Sergio Marchionne, «chi sciopera danneggia l'immagine dell'Italia nel mondo», niente di meno! L'ora di sciopero indetta dalla Fiom il 16 giugno per tenere un'assemblea con i lavoratori della Maserati di Grugliasco, l'ex fabbrica Bertone, è stata sufficiente per suscitare le sue furie. L'ad di Fiat-Chrysler Automotives ha scritto una lettera a tutti i lavoratori del Gruppo per affermare che non si può andare avanti così e per annunciare che avrebbe rinunciato a far tornare in fabbrica i 500 cassintegrati di Fiat Mirafiori che dovevano essere trasferiti alla Maserati.

Lo scandalo, a parere di Marchionne, è che 209 dipendenti Maserati hanno scioperato un'ora e fatto perdere la produzione di 11 vetture. Secondo lui «non esiste nessun paese al mondo che permetta ad un'esigua minoranza di danneggiare i diritti di tutti gli altri, specialmente il diritto al lavoro». Da che pulpito arriva la predica! Da uno che non esita a chiudere stabilimenti, a sbattere in cassa integrazione per anni migliaia di operai, a licenziare chi non china la testa e lotta contro i soprusi. Da uno che appartiene a quella esigua minoranza che sfrutta la stragrande maggioranza della popolazione del pianeta. Ma Il vero scandalo è ciò che trapela delle condizioni di lavoro alla Maserati, una delle fabbriche in cui la Fiat ha imposto nel 2011 un accordo capestro. I 209 operai sono una minoranza che si è battuta per il diritto di tutti i lavoratori a produrre in condizioni più dignitose.

La fabbrica lavora a pieno ritmo per produrre le Maserati destinate ai borghesi dei paesi del Terzo mondo, Cina in particolare, pronti a spendere un centinaio di migliaia di euro per farsi vedere a bordo di un'auto di lusso occidentale. Ma non per questo Fiat ha fatto investimenti per consentire agli operai di lavorare in condizioni decenti.

Lo spazio manca in questa fabbrica troppo piccola per questa produzione, mentre quella di Mirafiori rimane quasi vuota. Gli operai sudano cento camicie per riuscire a seguire i ritmi, si impongono straordinari e carichi di lavoro estenuanti mentre migliaia di lavoratori Fiat sono restano in cassa integrazione. L'ultima notizia è che, non riuscendo a rispondere al mercato in queste condizioni, adesso la direzione vorrebbe ridurre le ferie da tre settimane a solo due. Brutta sorpresa per chi dopo un anno di lavoro in queste condizioni non vedeva l'ora di andare a riposarsi e magari aveva già fatto i biglietti per partire! E bella dimostrazione del disprezzo con cui la direzione tratta i dipendenti.

C'è dunque più di un motivo se alcuni operai hanno scioperato nonostante il clima di minaccia costante con cui la direzione fa capire che devono considerare il posto di lavoro come un favore: se non ci stanno ad essere trattati come schiavi, basta chiamare altri cassintegrati per sostituirli...

Nonostante le intenzioni ben limitate della Fiom, che vuole solo far riconoscere il suo posto in fabbrica, questo sciopero dimostra una cosa: i ricatti della Fiat contro gli operai non funzioneranno sempre. Sono gli operai che producono queste Maserati destinate ai ricconi del mondo e che fanno la ricchezza della Fiat. Allora, in realtà, Marchionne ha più bisogno degli operai che questi di Marchionne. Tanto è vero che alla fine l'a.d. ha dovuto in tutta fretta attraversare l'Atlantico per venire a Grugliasco ad annunciare che dovrà farà rientrare i 500 cassintegrati che aveva minacciato di lasciare a casa. E infatti, senza questi lavoratori in più, non tutte le Maserati richieste potranno uscire...

Ma come si sono espressi i rappresentanti delle istituzioni di fronte alle arroganti dichiarazioni di Marchionne? Il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha voluto subito “tirarsi fuori” dichiarando ai giornalisti di non essere un dipendente della Fiat. Il presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino, da sempre sodale di Marchionne, si è sentito in obbligo di non tradire l'eterno sodalizio sottolineando che «servono nuove relazioni sindacali in Italia... Viviamo in un mondo che non è più quello degli anni '80». Ancor più esplicito il sindaco di Torino Piero Fassino, che ha liquidato la vicenda definendola «una normale dialettica tra le parti». Non può che essere così per uno che ritiene “normale” privatizzare gli asili nido comunali affidandone la gestione a cooperative che supersfruttano le educatrici!

I lavoratori non hanno amici tra costoro. Devono contare solo nella propria capacità di lottare, come hanno fatto gli operai della Maserati.

I ricatti di Marchionne funzioneranno sempre meno, ed è questo che lo fa arrabbiare.

Corrispondenza Torino