Il Rapporto annuale dell'Istat non lascia molto spazio ai facili ottimismi. Mentre gli esponenti della grande borghesia e il governo continuano a raccontare la storia della “luce in fondo al tunnel”, i numeri si ostinano ad andare in tutt'altra direzione.
Alcuni dati ricavati dal rapporto in questione lo chiariscono bene: i senza lavoro sono ormai 6,3 milioni, numero che comprende tanto chi è stato espulso dal ciclo produttivo, quanto chi non ci è mai nemmeno entrato. I giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono né inseriti in un'azienda, né frequentano una scuola, sono in crescita costante. Hanno raggiunto il bel numero di 2,4 milioni. Per più di mezzo milione di lavoratori la precarietà è una condizione di lavoro costante da 5 anni. Spinte dal bisogno, le famiglie si “ricompattano”, i giovani e meno giovani figli ritornano nella casa dei genitori dove spesso la pensione dei più anziani è l'unico reddito sicuro.
Nonostante i barconi che continuano ad approdare a Lampedusa, che hanno rappresentato un ghiotto pretesto elettorale per la Lega e la destra estrema, le immigrazioni diminuiscono. Aumenta, anzi il numero degli stranieri che se ne vanno. Partono anche, e sempre di più, gli italiani. Decine di migliaia di giovani cercano lavoro in Inghilterra, Germania, Svizzera e Australia.
Diminuisce la spesa sociale e diminuiscono le spese per i consumi mentre cresce l'indebitamento delle famiglie.
Il capitalismo annaspa nella sua crisi. In Italia le conseguenze sono forse più drammatiche che in altri paesi. Questo significa che la lotta delle classi privilegiate per mantenere le proprie prerogative si farà ancora più furibonda. I prossimi mesi saranno segnati da questa lotta il cui contenuto reale si cercherà di nascondere in tutti i modi.