Nel giugno scorso la Indesit Company annunciava un piano di delocalizzazione che avrebbe comportato 1425 esuberi su 4000 addetti in Italia. Le produzioni sarebbero finite in Turchia e in Polonia. Nel mirino, in particolare, gli stabilmenti di Fabriano, in provincia di Ancona, e di Teverola, nel casertano. 600 posti di lavoro a rischio nel primo, 540 nel secondo, praticamente dimezzato. Senza contare i drammatici effetti sull'occupazione nell'indotto.
La risposta dei lavoratori è stata immediata e molto determinata. Nel numero dell'Internazionale di settembre si è dato conto della mobilitazione degli operai di Fabriano, i quali hanno dato vita, tra l'altro, ad un'inedita quanto efficace forma di lotta, lo sciopero "a discrezione oraria". Ogni operaio ha scelto una fascia oraria in cui scioperare senza preavviso con tre fermate di dieci minuti l'una, creando così un susseguirsi di interruzioni della produzione e spesso un effetto "ola" tra un operaio , il suo vicino di posto e quello successivo, i cui scioperi iniziavano sfasati di cinque minuti tra loro.
Non sono stati da meno i lavoratori di Teverola, che hanno messo in atto assemblee, scioperi, picchetti, cortei e blocchi stradali di grande intensità. A dire il vero, le direzioni sindacali hanno cercato, come sempre, di incanalare le proteste nell'alveo istituzionale invocando il sostegno del politico di turno, come quello dell'Assessore al Lavoro della Regione Campania, Severino Nappi. Invece di ricercare la solidarietà di classe allargando la mobilitazione alle altre realtà lavorative in crisi, le burocrazie provano a spegnere la rabbia operaia sfiancando le lotte con la richiesta di tavoli istituzionali per cogestire le ristrutturazioni e le dismissioni.
I "bastoni tra le ruote" alla lotta non hanno però impedito ai lavoratori di ottenere un primo, seppur ancora insufficiente, risultato. Il 21 ottobre, la Indesit ha presentato un nuovo piano che riduce gli esuberi a 630 da "gestire" in tre anni con 330 prepensionamenti, cassa integrazione e contratti di solidarietà. Il tutto accompagnato dalla promessa di Indesit che, si legge nel piano, non vi saranno altri esuberi alla luce dei «benefici attesi dagli investimenti e dalle previsioni di recupero dei mercati». Resta poi la decisione di delocalizzare la produzione di lavabiancheria ritenuta «non più competitiva» dinanzi alla concorrenza asiatica. La risposta dei lavoratori non poteva che essere la continuazione della lotta. Gli operai sono stanchi delle minacce così come delle promesse "alla Marchionne" sempre condizionate agli andamenti del mercato, per di più in una situazione di perdurante crisi internazionale che pare non abbia mai fine.
Subito dopo l'annuncio del nuovo piano aziendale, gli operai di Teverola hanno protestato con un'ora di sciopero a scacchiera e con il blocco dei Tir carichi di prodotti in uscita dallo stabilimento. L'azienda ha risposto con la "messa in libertà" dei lavoratori adducendo a pretesto l'impossibilità di continuare a produrre nei reparti a causa del blocco della zona di spedizione del prodotto finito dai reparti al magazzino. Gli operai, lungi dal tornarsene alle proprie case, si sono riuniti in assemblea decidendo di proseguire la protesta con il blocco della superstrada che collega Marcianise a Giuliano.
Due giorni dopo un combattivo corteo ha percorso le vie di Caserta con lanci di uova contro i palazzi dell'Unione Insdustriale e della Provincia.La promessa di Indesit di spostare la produzione dei piani cottura nello stabilimento di Teverola, riducendo così a 71 gli esuberi, non è bastata, dunque, a fermare la lotta di questi operai o quantomeno a depotenziarla. Almeno per ora!
Corrispondenza dalla Campania