I fallimenti del capitalismo

I Governi di tutti i Paesi hanno reagito alla crisi facendo affluire un fiume di soldi pubblici nelle casse di Banche, società finanziarie e imprese, e tagliando ovunque le spese per ciò che serve alle persone: scuole, ospedali, servizi in genere; pensioni, salari pubblici, sostegno al reddito. Con quali risultati? A cinque anni dall’inizio della crisi più sconvolgente da quella del 1929, il disastro si avvita su se stesso.


Se una cosa dovrebbe essere ormai chiara a tutti, è l’incapacità del capitalismo anche solo di far funzionare se stesso. Che le politiche di austerità siano un fallimento, è diventato un ritornello declinato con varie sfumature da un numero crescente di economisti borghesi. Le previsioni che ognuno di questi cervelloni ha sparato in questi anni sono ben lontane da aver raggiunto l’obiettivo, e soprattutto i rimedi che hanno trovato sono peggiori del male. L’unico dato certo è una sostanziale impotenza, insieme all’altro dato certo: la determinazione a scaricare tutti i costi sulle classi sfruttate, cercando di mantenere intatta la massa dei profitti. E’ un metodo semplice, descritto altrettanto semplicemente e con assoluto candore anche sul sito ufficiale del partito dell’ex Presidente del Consiglio, il Partito cosiddetto “delle Libertà”, riferendosi al mercato europeo: “in una unione monetaria, dove la moneta non può essere utilizzata come strumento di svalutazione competitiva, l’aggiustamento può essere fatto solamente avendo un sistema di salari e prezzi flessibile e perfetta mobilità dei lavoratori (teoria di Robert Mundell, James Meade e Tibor Scitovsky)”. I tre economisti citati, due su tre premi Nobel, con le loro teorie potranno salvaguardare gli interessi borghesi, non quelli di chi dovrebbe essere disponibile a lavorare quanto, dove e al prezzo stabilito dal capitale: e tutto ciò senza avere nemmeno la ragionevole garanzia che, una volta asservitosi interamente al sistema, il sistema poi funzioni.

Del resto ormai è lampante, evidente a tutti, che i tentativi di far funzionare il sistema assomigliano a quelli dell’apprendista stregone che, alla ricerca delle soluzioni, moltiplica i problemi all’infinito. Così è successo in Europa per i Paesi massacrati dai diktat del mercato, come la Grecia, e in misura appena minore via via tutti gli altri, Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia, Cipro, mentre ormai stanno entrando in sofferenza anche i Paesi più forti. Il contagio si diffonde, un po’ come succedeva nel Medio Evo, quando non si conosceva l’origine delle malattie infettive, non si sapeva il ruolo dell’igiene e non si avevano medicinali.

La malattia oggi è il capitalismo, e non si guarisce senza eliminarlo.