Nel giugno, la direzione Indesit ha annunciato un piano da più di 1400 esuberi per l'intero gruppo in Italia. Sono minacciati più di 500 lavoratori a Caserta e circa 600 a Fabriano, e bisogna aggiungere i lavoratori dell'indotto che sono altrettanti. Il gruppo ha già fatto molti cassintegrati: il 25% dei 4300 lavoratori del gruppo Indesit Company. La direzione del gruppo che appartiene alla famiglia Merloni dice che la crisi e il calo delle vendite di elettrodomestici la costringe a trasferire la produzione all'estero per produrre a meno costo.
Non si sa ancora di preciso quali saranno le misure della direzione ma i lavoratori hanno giustamente fatto sapere la loro opposizione a questi esuberi con diversi scioperi, sia a Caserta che a Fabriano. Il 22 luglio a Fabriano una manifestazione ha riunito 5000 persone della zona, lavoratori dell'Indesit, di altre fabbriche e della pubblica amministrazione, insieme per dire no a questi tagli.
I lavoratori e gli abitanti di questa città di 30 000 abitanti sanno benissimo quale “strage” risulta dai licenziamenti. Qualche anno fa, quando c'era solo il 3% di disoccupati, la città era presentata come un modello di sviluppo economico riuscito, e molti venivano da fuori per trovarci lavoro, in particolare nelle fabbriche Merloni. Oggi i disoccupati a Fabriano sono 3874 ovvero il 18,8% della popolazione attiva, senza tenere conto dei 1500 lavoratori dell'ex Ardo, la cui cassa integrazione straordinaria scade a novembre... e senza tenere conto degli esuberi dell'Indesit.
Di questa situazione drammatica sono direttamente responsabili i capitalisti che licenziano, a cominciare da Merloni, che non vuole pagare la crisi e vuole mantenere i profitti, qualunque sia il costo per i lavoratori. Quello che la direzione non dice è che malgrado la crisi, l'azienda ha registrato l'anno scorso più di 130 milioni di euro di utile, più o meno come negli anni scorsi poiché era di 183 milioni nel 2010. A produrre questi profitti sono stati i lavoratori con il loro sudore, allora questi soldi devono servire a mantenere la totalità dei posti di lavoro. La direzione riduca i dividendi versati agli azionisti, e se non basta c'è l'intero patrimonio della famiglia Merloni costituitosi con quaranta anni di sfruttamento dei lavoratori.
Intanto, dalla riapertura della fabbrica a fine agosto i lavoratori dell'Indesit hanno già bloccato i cancelli. Nessun posto di lavoro deve sparire !