Il fenomeno dei furti di rame lungo le linee ferroviarie ha assunto dimensioni gigantesche. Non c'è una sola zona d'Italia dove la circolazione non sia stata turbata dai ladri di rame. Le “trecce” del prezioso metallo servono infatti a garantire il funzionamento degli scambi e il sistema di segnalazione che assicura la sicurezza della circolazione ferroviaria. Così, tra i molti disagi che i pendolari sono costretti a subire quotidianamente, si aggiunge anche quello dovuto al blocco o al rallentamento della circolazione dei treni dovuti ai furti di rame.
Ma oltre alla comprensibile irritazione dei viaggiatori e degli stessi ferrovieri, la vicenda dei furti di rame si presta a qualche considerazione più generale. Lo scorso giugno, il Messaggero, quotidiano di Roma, pubblicava un breve reportage dal quale si ricavava che se è vero che la maggior parte dei furti di rame è opera di piccoli delinquenti, in gran parte romeni o slavi, è altrettanto vero che questi costituiscono soltanto l'anello estremo di una catena che porta direttamente al cuore del capitalismo industriale più “rispettabile”. Scrive il reporter del Messaggero, che il rame, nelle contrattazioni internazionali di borsa, raggiungerà “proprio quest'anno il suo massimo storico, toccando i 9000 dollari per tonnellata”. Naturalmente, solo una piccola parte del valore del rame serve a pagare la manovalanza che compie materialmente i furti. Il resto va in tasca ai padroni delle fonderie compiacenti, quasi sempre italiani, e alle grandi imprese internazionalizzate che trattano grandi partite di materie prime sul mercato mondiale.
Il 41% dei prodotti fatti con il rame, su scala mondiale, sono a base di metallo rottamato. Percentuale che in Italia sale al 75%. Come a dire che, quasi sicuramente, le trecce di rame che sostituiranno quelle rubate sono in gran parte fatte con rame a sua volta rubato.
In questo circolo che parte dalla criminalità organizzata, passa per la borsa mondiale e torna sui mercati nazionali legali, c'è un po' la sintesi del capitalismo e del suo “complicato” rapporto con la legalità e con le regole morali. Sembra che il ciclo storico dell'economia capitalistica debba continuamente ripetersi, seppure in forme e in dimensioni diverse. Con il furto posto alla base di un processo mondiale di accumulazione e produzione, si ripercorre la strada che secoli fa cominciò con la rapina delle risorse minerarie delle colonie e lo sfruttamento degli schiavi.
R.C.