Gli operai in lotta per la garanzia del salario e del posto di lavoro
Due giorni di sciopero con picchetti molto partecipati davanti ai cancelli della fabbrica. Così i 500 lavoratori della Dema di Somma Vesuviana e di Pomigliano il 15 e il 16 maggio hanno detto no ai continui ritardi nei pagamenti del salario, ai mancati versamenti dei contributi all'Inps e al fondo pensione Cometa, ai 41 licenziamenti previsti dal piano di ristrutturazione aziendale.
La lotta si è subito estesa agli stabilimenti di Brindisi e di Tunisi con le stesse modalità e la stessa determinazione. Una bella prova di solidarietà di classe a livello internazionale.
La Dema, azienda del più importante indotto Alenia della Campania, produce componenti aeronautici di avanguardia per aviogetti come l'Airbus A380, l'aereo commerciale più grande del mondo, per il nuovo Bombardier C Series, il formidabile velivolo canadese a reazione da 130 posti, per l'avveniristico Boeing 787 e per l'elicottero Agusta AW139. E' un'azienda che complessivamente conta 800 addetti, quattro impianti italiani (Somma V., Pomigliano, Brindisi e la controllata Cam in provincia di Benevento), uno stabilimento a Tunisi e un altro in Canada. Siamo dunque in presenza di una multinazionale che da anni non manca di grosse commesse in grado di garantirle cospicui profitti. Non a caso gli straordinari sono la regola. Eppure la Dema ritarda sistematicamente il pagamento dei salari e non paga regolarmente neppure le bollette con il risultato che ultimamente gli impianti sono rimasti, alcune volte, senza corrente.
Oggi l'azienda, nascondendosi dietro la crisi finanziaria internazionale, dichiara debiti per 80 milioni di euro accumulati in quattro anni nei confronti di Inps, del fondo Cometa e di vari fornitori di materiali per la lavorazione e presenta un piano di rientro dai debiti da attuare tra il 2013 e il 2017. Un piano che colpisce i salari impedendo nei fatti la fruizione delle ferie e dei riposi, taglia i posti di lavoro con il licenziamento di 41 lavoratori a tempo indeterminato.
A tutto questo gli operai si sono opposti scendendo in sciopero. A nulla sono valse le ripetute provocazioni del padrone della Dema che prima ha dichiarato la messa in libertà dei lavoratori di Somma per un'improvvisa quanto sospetta mancanza di corrente, poi ha provato a far riprendere il lavoro minacciando personalmente gli operai del picchetto e, infine, ha convocato una "assemblea" di dirigenti e quadri invitando anche i lavoratori in sciopero (invito decisamente respinto!). Già in aprile costui, prevedendo che la comunicazione del piano di ristrutturazione avrebbe provocato la rabbia dei lavoratori inducendoli alla lotta, aveva tentato, peraltro senza riuscirvi, di trasferire un delegato della Fiom da Somma a Pomigliano.
La lotta è rientrata solo in seguito all'opera di collaborazione offerta all'azienda dai sindacalisti provinciali e da alcuni solerti rappresentanti sindacali aziendali che già dopo il primo giorno di sciopero hanno cercato di smobilitare i picchetti. Ci sono riusciti solo il terzo giorno, "forti" della promessa del padrone di pagare il salario di maggio con un acconto il 24 e il saldo a fine mese. Bontà sua!
Se le burocrazie sindacali hanno giocato un ruolo di divisione dei lavoratori puntando alla loro demoralizzazione, l'intervento dei compagni del Pcl di Napoli a fianco degli operai in lotta ha contribuito ad infondere loro coraggio. Il volantino, diffuso durante il primo giorno di picchetto a Somma, appoggiava la lotta dei lavoratori Dema e sottolineava l'esigenza di collegare la loro vertenza a quella delle tante aziende in crisi nel territorio. Gli operai mostravano il loro apprezzamento adoperandosi per far circolare il volantino tra loro e per farlo pervenire ai compagni di lavoro degli altri stabilimenti.
Ora si tratta di non abbandonare i lavoratori a loro stessi chiarendo che i problemi, lungi dall'essere stati risolti, presto si ripresenteranno. Solo la lotta ha permesso di conseguire un primo importante risultato e per questo non si deve fermare. Essa deve continuare per respingere il piano di licenziamenti e per imporre alla Dema la regolarità dei versamenti contributivi e di pagare d'ora in poi le retribuzioni puntualmente e in un'unica soluzione.
I lavoratori Dema devono respingere ogni tentativo di isolamento e coniugare la loro vertenza con quella delle altre fabbriche del territorio circostante, Fiat Pomigliano compresa. Difendere oggi il salario e il posto di lavoro vuol dire essere più forti nel rivendicare domani migliori condizioni di vita e di lavoro.
Corrispondenza da Napoli