Rischio povertà in Europa. I lavoratori dovranno scegliere tra essere soltanto vittime di una storia che non hanno scritto loro, o diventare i protagonisti delle loro lotte.
Sono molte le scuole di pensiero degli economisti borghesi: tutte si affannano a spiegare a modo loro la crisi, tutte hanno la loro ricetta per uscirne o per provare a farlo, ma nessuna è in grado di risolvere una volta per tutte i problemi del modo di produzione capitalistico, e il motivo è facile da comprendere.
Una volta posto come principio fondante l’intangibilità del sistema capitalistico stesso, è impossibile uscirne con una formula sicura. Così si arrovellano – molto spesso inutilmente, qualche volta anche pericolosamente – le migliori menti che la borghesia possa esprimere nel campo dei principi economici.
Malgrado il loro impegno, però, niente impedisce che proprio l’economia borghese scivoli sul piano inclinato della crisi, trascinando con sé l’esistenza delle classi popolari e di milioni di lavoratori, spesso inconsapevoli dei processi da cui sono travolti. A volte, qualcuno di questi economisti fa un ritratto davvero somigliante delle politiche economiche a cui la popolazione è sottoposta, con varie gradazioni a seconda dei Paesi di appartenenza.
Paul Krugman - premio Nobel per l'economia 2008, economista americano che appartiene al filone dei cosiddetti “neo-keynesiani” - parlando recentemente della situazione europea, si è detto stupito per “la volontà dei Paesi debitori di sopportare i sacrifici apparentemente senza fine”, e ha dichiarato sul suo blog che “l’austerità ha funzionato esattamente secondo copione: ancora e ancora, i ‘responsabili’ tecnocrati inducono i loro popoli ad accettare la medicina amara dell’austerità più e più volte, e non riescono a produrre risultatié é […] L’ultimo caso in merito è l’Italia, dove Mario Monti se ne è andato presto, in ultima analisi, perché le sue politiche stanno consegnando l’Italia alla depressione. […] Quindi qual è la risposta? Mantenere la rotta, dicono gli eurocrati. Funzionerà da un giorno all’altro – la fata fiducia è in arrivo! […] l’Europa è diventata il continente in cui i tempi sono sempre dietro l’angolo. E’ davvero come la medicina medioevale: salassavano i pazienti per curare i loro malanni, e quando il sanguinamento li faceva star peggio, li salassavano ancora di più”.
Come dargli torto? Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, calcola in 120 milioni di persone, quasi un quarto della popolazione, il numero delle persone a rischio povertà, un dato in crescita dal 2008 pressoché in tutti i Paesi europei, con punte allarmanti nell’Est Europa (si raggiunge il 49% in Bulgaria, il 40% in Romania e in Lettonia, il 33% in Lituania, e il 32,7% perfino in Croazia) e con un tracollo, purtroppo scontato, in Grecia, dove la popolazione a rischio povertà era al 28,1% nel 2008, e oggi arriva al 31%. In Spagna, altro Paese in grave difficoltà, i poveri erano il 22,9% nel 2008, e nel 2011 si sono incrementati di ben 4 punti, raggiungendo il 27%.
Anche in Francia, dove la percentuale del 19,3% è inferiore alla media europea, si raggiungono comunque 11,8 milioni di abitanti sulla soglia della povertà. L’Italia ha il non invidiabile primato del più alto aumento in percentuale nel giro di un anno: dal 26,3% del 2010 al 29,9% del 2011, ben oltre la media europea.
Sopportare i sacrifici, sperando che prima o poi finiscano, non è una strada che possa produrre frutti. Prima ne saremo consapevoli, prima potremo spezzare un copione che non è il nostro.