Il padrone delle acciaierie di Taranto, Emilio Riva, è ora sotto accusa anche per frode fiscale. Secondo la procura di Milano avrebbe sottratto al fisco qualche cosa come 52 milioni di euro. Oltre a lui sono coinvolti due alti dirigenti della società e un funzionario della Deutsche Bank a Londra. Si tratta di una complicata serie di operazioni che, nel 2007, puntavano a far figurare nei bilanci del colosso dell’acciaio perdite là dove c’erano profitti. Un’altra conferma del livello di marciume che coinvolge i settori più importanti della borghesia industriale. Del resto, in una analoga indagine è incorso qualche mese fa il ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, nella sua qualità di ex amministratore delegato di Intesa-San Paolo, la banca con la maggiore diffusione di sportelli sul territorio nazionale, con 19 miliardi di capitalizzazione e filiali in tutto il mondo. Anche qui la procura, questa volta di Biella, contesta al Passera la falsificazione dei bilanci, ottenuta con trucchi contabili, con lo scopo di frodare il fisco.
Se il padrone della più grande acciaieria d’Europa e l’amministratore delegato di una delle prime banche del continente sono coinvolti in truffe contabili, è ragionevole chiedersi perché i lavoratori dovrebbero fare tanti sacrifici per salvare il capitalismo dalla sua crisi e perché dovrebbero prendere sul serio la lotta all’evasione fiscale del governo di Monti e di…Passera.