I sardi hanno la fama di gente dura. Che questo sia vero o no, gli operai sardi dell’Alcoa lo sono di certo. Sono gente che non molla. Per questo suscitano tanta simpatia e tanta ammirazione. Lo scorso 10 settembre sono andati in massa a Roma per manifestare sotto la sede del Ministero dello sviluppo economico. Il ministro aveva dichiarato, qualche giorno prima, che il salvataggio dei loro posti di lavoro era “impossibile”. Ma sotto la pressione degli operai, contro i quali è stata organizzata una vera e propria blindatura della città, si è in parte rimangiato le parole. Sono spuntate fuori nuove “manifestazioni di interesse” da parte di imprese che molto probabilmente fiutano la possibilità di aiuti di stato.
La collera dei lavoratori, comunque, non si è placata. Si erano già scontrati a più riprese con la polizia sotto il Ministero e avevano perfino costretto il responsabile PD dell’economia, Fassina, ad andarsene a gambe levate. Il risultato deludente della trattativa – si è ottenuta una dilazione, o meglio un rallentamento, nel processo di progressiva chiusura degli impianti - li ha spinti a bloccare per due ore il traghetto che doveva riportarli in Sardegna, ricevendo per altro la solidarietà dei marittimi della Tirrenia. I delegati si sono pronunciati per un proseguimento della lotta.
L’Alcoa, questa grande corporation americana, multinazionale dell’alluminio, ha 61mila dipendenti in tutto il mondo, una cassa zeppa di soldi, fatti anche grazie alle varie forme di finanziamento pubblico ottenuto nei paesi in cui opera. Inoltre il settore dell’alluminio a livello mondiale è in piena crescita. La volontà di chiudere lo stabilimento di Portovesme e di concentrare la produzione in Arabia Saudita è dovuta esclusivamente alla spinta degli azionisti per fare ancora più profitti.
Nessuno, al momento, può dire se gli impianti Alcoa del Sulcis verranno chiusi e smantellati o se passeranno ad altre mani. La necessità primaria per le centinaia di famiglie di una delle provincie più povere d’Italia, legate all’attività industriale dell’alluminio, sono prima di tutto quelle della sopravvivenza. La lotta degli operai sardi, che avrà tutta la convenienza a saldarsi con quella dei propri compagni delle altre regioni, dovrà puntare a ottenere la garanzia per tutti di un salario e di un posto di lavoro. Questi due obiettivi non devono essere negoziabili. La trattativa continuerà e sarà complicata dalla varietà e dalla consistenza degli interessi economici e politici in ballo. Però non ci si deve far confondere, non bisogna perdere la bussola o farsi incantare da “piani di sviluppo” o promesse che non comportino il mantenimento di un lavoro per tutti e di un salario garantito.