Le analogie tra la crisi attuale e quella che iniziò in America nel 1929 e durò per tutti gli anni ’30, coinvolgendo tutto il mondo industrializzato dell’epoca, sono un tema ricorrente. La crisi di allora generò, tra l’altro, una drastica caduta dell’interscambio mondiale con un ritorno drammatico al protezionismo.
Sembra che anche oggi le spinte protezioniste tornino a farsi sentire.
In un’intervista pubblicata da “Wall Street Italia” il 23 settembre scorso, il direttore dell’Amf, l’autorità di vigilanza sulla finanza francese, Jean-Pierre Jouyet sostiene che c’è il pericolo concreto di un protezionismo finanziario. Secondo Jouyet, la metà delle transazioni finanziarie mondiali avviene su mercati non regolamentati, mercati-ombra che sono in mano a 5 o 6 banche d’affari americane. Un risultato recente di questa situazione è stato il ritiro dei fondi monetari americani, che “hanno ridotto in un solo mese il loro acquisto di titoli europei del 40%”. Tutto questo, dice il direttore dell’Amf, “assomiglia molto a quanto avvenuto negli anni ’30: allora ci stava il protezionismo commerciale che portò alla recessione, oggi c’è il protezionismo finanziario che può a sua volta condurci alla recessione”.
Secondo quanto riportato in un articolo di Morya Longo sul “Sole 24 Ore” del 9 ottobre, è tornata l’era del protezionismo, “non sul commercio di beni e servizi, ma sulla liquidità. Banche, società private e anche istituzioni sono in tutto il mondo concentrate su un obiettivo preciso: tenere in patria e in bilancio più denaro liquido possibile. Tenersi pronti per eventuali shock. Proteggersi dalla crisi, tutt’ora fumosa, dell’Europa”. La banca centrale americana, sempre secondo la Longo, starebbe esercitando pressioni sul mondo bancario statunitense per disimpegnarsi il più possibile dall’area dell’Euro.
Ma la sfiducia è di tutti nei confronti di tutti. Un banchiere afferma: “I fondi monetari francesi non prestano più denaro alle banche italiane, ma solo alle francesi”. Il sistema bancario è strozzato dalle stesse banche e dalle loro varie propaggini finanziarie. Come nella grande crisi degli anni ’30, tutti sostengono che il protezionismo è una via senza uscita ma tutti continuano a praticarlo. Come allora, si prepara il terreno a scontri di ben altra portata tra le varie potenze mondiali.
Negli anni ’30, il capitalismo passò dal protezionismo in economia al nazionalismo in politica e da questo alla guerra mondiale. La storia si ripeterà? Forse sarebbe meglio non aspettare che sia il capitalismo stesso a rispondere a questa domanda, sarebbe meglio non dargliene il tempo.
R.Corsini