Il capitalismo greco oggi

Pubblichiamo un articolo di Dimitris Livieratos apparso sul periodico greco “Kokkino” (Rosso). Livieratos mette in evidenza come la Grecia appartenga ormai alla cerchia dei paesi capitalisti più sviluppati e ricchi e come, di conseguenza, non abbiano alcun fondamento gli strilli dei vari esponenti politici di destra e di sinistra che, rendendo un gran servigio ai capitalisti greci, additano all’odio della popolazione, colpita dalla crisi, lo “straniero”, cioè, ad esempio, le grandi banche tedesche o francesi. come se in Grecia o in qualsiasi altro paese sviluppato la classe dirigente locale non condividesse con quella “sraniera” esattamente le stesse responsabilità sulla crisi e sui suoi esiti drammatici.

In un mondo che nel 2009 era popolato da 6.768.167.172 di abitanti, gli 11.260.000 abitanti della Grecia ne erano lo 0,166%. Nonostante questo il capitalismo greco è al 22° posto nella classifica mondiale dei paesi più ricchi.

Vediamo in che modo ha specializzato le sue numerose caratteristiche di base, colonne della sua forza:

1. Il capitalismo greco fino al 2009 possedeva la prima flotta mercantile mondiale, dal 2010 è sceso al secondo posto controllando il 14,8% della totalità della marina mercantile mondiale. La flotta mercantile greca è composta da 2.974 navi con 175.540.000 tonnellate di stazza totale. Ma se si calcola che controlla anche navi di altre piccole marine, arriviamo a circa il 20% della marina mercantile mondiale! La marina direttamente sotto bandiera greca è la quinta nel mondo (ciò significa che molte navi greche preferiscono navigare con bandiera straniera, perché è più conveniente) e la prima dell’Unione Europea, il 39,7% del totale. Fino alla fine del 2009 gli armatori greci (un gruppo compatto di circa 400 possessori di navi) hanno ordinato all’industria cantieristica 748 nuove navi, per una stazza complessiva di 64,9 milioni di tonnellate, principalmente presso cantieri della Corea del Sud e della Cina. Hanno sede in Grecia circa 1.300 società e vi lavorano oltre 12.000 impiegati. Le entrate in valuta estera delle società marittime ammontavano nel 2009 a 13.552 milioni di euro, contro i 19.188 milioni nel 2008, il crollo era dipeso dalla diminuzione della massa del commercio mondiale e dal grande calo del prezzo dei noli. Queste entrate corrispondono al 5,6% del PIL della Grecia! Gli armatori greci di solito evitano la pubblicità – d’altra parte non è obbligatorio rendere pubblici i bilanci, inoltre hanno 57 diverse esenzioni fiscali e il loro versamento la fisco è inferiore a quello degl’immigrati! Ma, l’imprenditorialità è presente, con le sue evidenti partecipazioni, nelle imprese turistiche, nelle linee marittime all’interno e all’estero, nel trasporto aereo, nelle banche e in altri rami in cui tale partecipazione o poco o per niente conosciuta.

2. Il capitalismo greco ha all’estero un settore bancario, sviluppato e in espansione: Le banche greche, dal momento in cui si sono aperti i confini settentrionali, con la caduta dei regimi dell’Europa dell’Est, come all’epoca abbiamo scritto, percorsero immediatamente “le loro antiche strade”. Da circa vent’anni fa fino ad ora, l’espansione delle banche greche nei Balcani e nei paesi dell’Europa Orientale è stata di una velocità che non si era mai vista. Oggi, a metà del 2010, ci sono circa 3.500 succursali bancarie greche in questi paesi – senza contare lo sviluppo delle banche cipriote che operano nelle stesse regioni. Negli ultimi anni, velocissima è stata inoltre l’espansione delle banche greche in Turchia. Da segnalare anche che all’inizio di questo periodo le banche greche avevano abbandonato completamente i mercati occidentali, vendendo le succursali che avevano in Europa e negli USA, buttando tutto il loro peso nei mercati vergini. I profitti netti delle banche greche provenienti dalle loro succursali all’estero è enorme. Il 45% dei profitti della Banca Nazionale di Grecia proviene dalle sue succursali in Turchia, per l’Alpha Bank il 24% dei profitti, il 33% per l’Egnatia Bank, il 41% per la Banca del Pireo. Consistenti sono anche i profitti della EFG Eurobank. Da sottolineare inoltre che la crisi bancaria esplosa nel 2008 negli USA e in Europa non ha portato al fallimento di alcuna banca greca, sia pure piccola. Naturalmente sono state sostenute dallo stato con 28 miliardi di euro e con successivi altri 10 miliardi facenti parte del prestiti internazionali avuto dalla Grecia dal 2010. Banche europee e statunitensi sono invece fallite, nonostante il sostegno dato al settore bancario.

3. Il capitalismo greco ha migliaia d’imprese presenti nei paesi balcanici, in Europa orientale, in Russia, in Ucraina, in Turchia, in Egitto e in altri paesi. Nessuno sa di preciso quante imprese – probabilmente migliaia – si sono installate in questi paesi e li sfruttano approfittando dei bassi salari, dell’assenza di forti sindacati, dell’assenza di piani di protezione del lavoro, dell’assenza di regole di rispetto dell’ambiente da parte delle imprese industriali, del sistema politico composto di corrotti dignitari. Molte fra queste migliaia d’imprese sono quelle che hanno chiuso le loro fabbriche in Grecia per trasferirle e riaprirle in questi paesi. Molte di queste imprese, nel frattempo, grazie a leggi per lo sviluppo economico hanno avuto sovvenzioni statali. Da notare che una parte importante di queste sono le 480 imprese che operano in Turchia, con fabbriche, sedi commerciali e altri tipi di presenza, in collaborazione molto spesso con imprese turche. Complessivamente gli investimenti greci in Turchia ammontano a 6 miliardi di dollari. Il più importante di questi è stato, nel 2009, l’acquisto, per 4,5 miliardi di dollari, da parte della Banca Nazionale di Grecia della Finans Bank. In particolare nel 2009, anno di crisi economica per la Grecia, sono stati investiti in Turchia dai capitalisti greci 780 milioni di dollari. Per fare un confronto, gli investimenti turchi in Grecia effettuati da 10 imprese ammontavano a 30 milioni di euro. E nonostante questo è stato sufficiente la recente visita di Erdoğan in Grecia con una numerosa rappresentanza d’industriali turchi per far iniziare il piagnucolio sulla Turchia che vuole “occupare economicamente” la Grecia.

Il settore privato

Entriamo ora più profondamente nell’attuale arcipelago del capitalismo greco esaminando il settore del capitalismo privato.

▪ Imprese di costruzione: Sono un ramo forte e moderno del capitalismo che inoltre è attivo con successo all’estero. Imprese di costruzione operano nelle raffinerie dell’Arabia Saudita, nella costruzione di autostrade in Polonia, nell’edilizia civile in Russia, in ogni genere di lavori, pubblici e privati, in tutti i paesi dei Balcani.

▪ Multinazionali greche: Sì, in Grecia operano e hanno sede 216 imprese multinazionali greche! L’elenco dato dal giornale economico “Naftemporikì” non è ancora completo, ne esistono altre. Queste operano in tutto il mondo e hanno sede in Grecia. Da segnalare che fra queste non sono comprese le società bancarie e armatoriali.

▪ Le società off shore: Sono chiamate da molti “extranazionali” e sono centinaia. Un intero mondo d’imprese non controllate, come dimostrano gli scandali degli ultimi tempi. Operano senza freni, con la tolleranza o la copertura dei governi e del regime, con i loro settori imprenditoriali esenti dalle tasse, riciclando denaro sporco dei settori mafiosi del capitalismo (droga, armi, traffici illeciti, etc.). Un salariato che contravviene a una norma fiscale o un piccolo bottegaio che non ha le carte a posto può finire in galera o sul lastrico, ma per le più che provate azioni illegali delle multinazionali esiste asilo.

▪ Ecco alcuni evidenti esempi d’imprese greche di grande importanza: In Grecia ha sede la Intralot, seconda impresa al mondo nel settore dei giochi-scommessa. Tutti i terminali e le macchine, ma anche i sistemi di calcolo e conteggio sono tecnologia greca e sono prodotti dalla Intracom che ha 2.500 addetti. La HBC Coca Cola è la seconda società per produzione della famosa bibita dopo la prima che è negli USA. È di proprietà greca e possiede società in oltre 30 paesi che hanno un mercato di 500 milioni di persone. Le acciaierie greche sfornano oltre 2,5 milioni di prodotto l’anno, coprendo in questo modo il mercato greco ed esportando anche parte del prodotto. Da ricordare il gruppo Viochalko con 90 imprese in molti paesi. Il cementificio Titan si trova in molti paesi, fra cui gli Usa, e produce cemento in 7 fabbriche. Ma anche molte imprese con forte partecipazione pubblica agiscono in molti paesi e controllano decine di altre imprese. Ricordiamo la OTE, che controlla molte società di telefonia e telecomunicazioni nel Balcani, la società petrolifera ELPE. Da rilevare l’importanza del capitalismo greco nel ramo energetico sia perché presente con le società DEI (elettricità), DEPA (gas naturale), la DESFA (gas naturale), sia perché collabora nel circuito internazionale energetico del petrolio e del gas naturale.

“L’epopea” capitalistica

Potremmo continuare ancora con altre importanti imprese nell’industria, nel commercio, nel know-how, nel turismo etc. ma ciò che abbiamo riportato è un esempio che basta per dare una prima immagine della dinamicità del capitalismo greco pubblico e privato. Ovviamente non lo abbiamo riportato per rendere omaggio al capitalismo greco, ma per dire che la classe operaia greca e ancor di più le centinaia di migliaia d’immigrati che vivono e lavorano in Grecia non hanno mai usufruito della parte di cui avevano diritto per lo sviluppo del capitalismo greco.

Fino al 2008 e per 14 anni consecutivi la crescita annua del PIL è stata dal 3% al 5,6%. È stata una vera epopea per il capitalismo greco, un’epopea di profitti e di espansione. Nonostante questo, i lavoratori greci e lavoratori immigrati non hanno preso nemmeno una briciola da questo sviluppo, mentre la povertà è rimasta stabile interessando il 20% della popolazione, la disoccupazione ufficiale (che nasconde una gran parte della disoccupazione reale) è rimasta vicino al 10%.

Un capitalismo invisibile

Il capitalismo greco è riuscito a essere quasi…. invisibile. Come se non esistesse! Per i due maggiori partiti e per il LAOS (estrema destra) si spiega con il fatto che lo hanno coperto: La “assenza” di un capitalismo greco si coniuga con il perpetuarsi delle politiche d’austerità, con l’ingiusta distribuzione della ricchezza. Ma come si spiega che anche i partiti di sinistra esitino a parlare del capitalismo greco, a svelarne la forza e l’estensione? Questi discutono di tutto in questo paese, ma l’espressione “capitalismo greco” e ancor di più lo smascheramento e l’evidenziazione della sua realtà è una cosa che raramente incontreremo nelle pubblicazioni della Sinistra. Di solito vengono usate altre espressioni, come “le 200 famiglie”, “l’oligarchia”, “la plutocrazia”. In più, s’inventano diversi aggettivi per caratterizzarlo: arretrato, subordinato, mediatore, etc. Sono queste alcune delle caratteristiche inventate dalla Sinistra per nascondere la realtà di uno dei più dinamici, moderni e duri capitalismi del mondo.

Ma in questo modo, il capitalismo greco, oltre alle sue grandi fortune economiche, è riuscito a costruirsi un’impenetrabile cortina di fumo che lo nasconde. La maggior parte dell’intellighenzia greca e certamente la Sinistra hanno sposato la teoria di una “Grecia Psorokòstena” (cioè una Grecia miserabile). Con questa triste anatomia del capitalismo greco, il governo e i partiti del capitale riescono a convincere la classe operaia e il popolo greco che non possono avere aspettative da un capitalismo così arretrato e subordinato. Invece di richiedere i loro diritti i lavoratori faranno bene a lottare contro i “padroni” stranieri del capitalismo greco che non lo lasciano progredire e prendere il volo. Naturalmente tutto questo permette a una “elite di sinistra” di solidarizzare o anche di inserirsi nella “buona società”, rivendicando e occupando un ruolo nell’arte, nella musica, nel teatro, nella letteratura, in ogni manifestazione, dove si costruiscono gli alibi di un capitalismo greco “progressista” e “libero”. Chi mette a repentaglio questi privilegi e questo ruolo per mettersi contro direttamente il capitalismo greco?

Naturalmente, col prolungarsi di tale situazione arriva, dalla Sinistra, anche la conseguente richiesta di partecipare la governo con un programma di “risanamento” dell’economia greca, la quale si trova non dal 2008, ma generalmente in stato di lunga crisi. Certamente il capitalismo greco non ha orecchie per ascoltare proposte di alleanze governative. Non vogliono nessuna Sinistra. È bene che stia ai margini, molte volte anche con una rispettosa ridicolaggine. Solo nei momenti pericolosi per la tenuta del regime al Sinistra è stata invitata a collaborare per superare la crisi. Come è stato per il governo “ecumenico” del 1989, con la partecipazione dei due grandi partiti di sinistra. Per poco tempo, poi, passata la crisi, la situazione ritornò come prima.

Infine, l’alto grado d’incorporazione dell’intellighenzia di sinistra, la partecipazione al governo della Sinistra, l’assenza di una visione classista, hanno una diretta relazione con il rifiuto della Sinistra di riconoscere il proprio rivale, il capitalismo greco, e di farne un obbiettivo da colpire senza giravolte. Perché se eseguisse questo, le conseguenze sarebbero evidenti: non potrebbe frequentare la “buona società”, non potrebbe essere “indispensabile” al “governo e all’amministrazione del territorio”, non potrebbe essere un membro rispettabile del sistema politico, non avrebbe alcun spazio nel capitalismo greco, nel suo meccanismo e nei suoi partiti.

Dimitris Livieratos