“Me ne frego!”

Il tribunale di Ravenna ha condannato l’azienda di famiglia di Emma Marcegaglia, la presidente della Confindustria, per attività antisindacale. Si tratta della stessa signora che le cronache non smettono di gratificare con aggettivi come “dinamica”, “moderna”, “riformista” e che tutti i leader politici fanno a gara a “corteggiare”, specialmente quelli di centrosinistra.

Ecco i fatti: la Marcegaglia S.p.A., alla fine del 2010, annuncia l’assunzione di 200 apprendisti di cui 100 a Ravenna. Segue una trattativa con i rappresentanti dei lavoratori per definire il trattamento retributivo dei nuovi arrivi. Nel frattempo l’azienda fa entrare in produzione quaranta giovani, assunti da una società di comodo, con un contratto a tempo determinato e con un salario inferiore a quello contrattuale. Una furbata da magliari che, per fortuna, un giudice onesto ha sventato.

L’Azienda è stata condannata a riassumere tutti i quaranta, a tempo indeterminato e con il salario contrattuale. Quella della Marcegaglia è stata, è scritto nella sentenza, “una decisione illecita in frode alla legge”. Ma se la rappresentante ufficiale, la portavoce dei “padroni” froda con tanta leggerezza una legge che, comunque, le ha permesso e le permetterà lauti profitti, vorrà ben dire qualcosa.

Tutto questo gran parlare di modernità, di nuove relazioni industriali, ecc. con il quale gli imprenditori cercano di menare il pubblico per il naso, non è che la vecchia prepotenza e la vecchia avidità delle classi dominanti che non si ferma davanti a niente. Marchionne, con le sue newco, inventate per aggirare il contratto nazionale, non è certo un caso isolato. Ma in questi giorni sono state pubblicate notizie che ci mostrano tutto un mondo, collegato al potere economico o a quello politico, che continua a voler fare quello che gli pare.

Il Corriere della sera del 16 maggio ci informava, senza dar troppo rilievo alla notizia, che il Parlamento europeo ha varato una norma, su proposta di un deputato finlandese, che limita un po’ gli assurdi privilegi degli eurodeputati. Spiega l’autore, Ivo Caizzi che è stata approvata la proposta di “intervenire sui circa 4.300 euro mensili dell’indennità di spese generali (ufficio, telefono, ecc.) che da sempre aprono dubbi perché potrebbero essere incamerati da eurodeputati scorretti per aumentarsi lo stipendio”.

Il provvedimento è passato nonostante l’opposizione “bipartisan” dei deputati italiani, cioè dei rappresentanti di quelle stesse forze politiche che si scornavano duramente nel corso della campagna per le amministrative ma che evidentemente si sono trovati alleati nel difendere la mangiatoia comune. Tempi duri, tempi di crisi, avranno pensato i nostri bravi “rappresentanti del popolo”, noi continuiamo a predicare sacrifici per i lavoratori, per i disoccupati, per i pensionati, ma intanto pensiamo a salvarci il nostro stipendio. I rimborsi sono una vera e propria frode? Chi se ne frega.

L’ultima notizia è quella della promozione a questore di Spartaco Mottola, ex funzionario della Digos condannato in secondo grado a tre anni e otto mesi, con l’aggiunta di cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, per i fatti del G8 di Genova. In sostanza il Viminale ha ragionato così: lo hanno condannato ? E chi se ne frega.

Ed è questo, in fin dei conti, il motto della borghesia italiana. È il “me ne frego” che Mussolini aveva fatto scrivere sui gagliardetti delle squadracce. Se ne fregano i livelli più alti del capitalismo, se ne fregano i mestieranti della politica che del capitalismo sono il sostegno ideologico, se ne fregano gli apparati repressivi dello stato per i quali il mantenimento dell’ordine significa soprattutto tenere le proteste popolari lontano da “lorsignori” e per i quali, nei tempi turbolenti che si annunciano, un buon manganellatore a capo della polizia di una città operaia sarà l’uomo giusto al posto giusto.