Grecia, la crisi non ha ancora toccato il fondo

Mentre qualcuno annuncia che la crisi è ormai alle spalle perché il sistema finanziario internazionale ha ripreso a girare, anche se in maniera incerta, e la crescita PIL dei più importanti paesi ha ripreso a segnare dati positivi, la crisi, quella che interessa a noi, quella fatta di disoccupazione, precariato, riduzione dei salari e incertezza del futuro, continua implacabilmente a infuriare.

Per la Grecia la situazione è molto pesante. La borsa ha perso il 40% nel 2010 mentre il PIL arretrerà del 4- 5% dopo essere calato di oltre il 7% nel 2009. La condizione dei lavoratori e dei pensionati è particolarmente dura e il governo socialista, dopo aver incassato alle elezioni amministrative la vittoria sul centro-destra, ha ripreso la sua politica di tagli e attacco al salario che alla vigilia delle elezioni negava come ancora necessaria.

Nonostante i festoni e i luccichii natalizi del mese di dicembre, nonostante le vetrine sfavillanti dei quartieri bene come Kolonaki, chi passeggia per Atene respira la crisi a pieni polmoni. Sia perché non passa giorno che non ci sia gente che sfila nelle strade del centro in difesa del posto di lavoro, del salario, delle condizioni di vita. Sia perché nelle strade della città, dove ormai ha chiuso un negozio su sei, si aggira una schiera di nuovi poveri che chiede soldi, cerca di vendere qualcosa a chi passa, e non manca nemmeno chi rovista nei cassonetti della spazzatura alla ricerca di qualcosa di utile (cibo compreso). Quest’umanità non è composta solo da immigrati, ad Atene sono oltre il 15% della popolazione, ma anche da greci che fino a poco tempo fa avevano probabilmente creduto al "miracolo economico" sorto come d’incanto con l’organizzazione delle Olimpiadi del 2004.

Malgrado sette scioperi generali e una miriade di scioperi settoriali svolti da quando alla fine del 2009 il neoeletto primo ministro Papandrèu annunciava "improvvisamente" il disastro economico e la conseguente politica di austerità, i rapporti di forza non sembra che si siano spostati e l’attacco alle condizioni di vita ai lavoratori e ai pensionati procede senza grosse scosse. Chi manifesta, chi scende in piazza è ancora solo una parte del mondo del lavoro, cioè i dipendenti pubblici, quelli dei trasporti, i portuali, i bancari, i dipendenti della società elettrica e della società telefonica statale, gli insegnanti, gli ospedalieri. Questi lavoratori sono i più sindacalizzati e, almeno per ora, non rischiano il licenziamento se scioperano. Ma un’altra grande parte dei lavoratori, cioè i dipendenti del commercio, dell’artigianato e dell’industria, frammentati in stragrande maggioranza in aziende piccole o piccolissime, poco sindacalizzati, con limitatissime possibilità di organizzarsi, finora, sostanzialmente, non sono scesi nell’arena di lotta.

C’è da aggiungere che il proletariato greco non deve scontrarsi solo contro il proprio governo ma anche contro quegli organismi internazionali (FMI, BCE; UE) che spingono e sostengono il governo greco nella sua politica. Per affrontare uno scontro a questo livello i lavoratori greci hanno bisogno almeno del sostegno attivo dei lavoratori europei, cosa che le burocrazie sindacali degli altri paesi d’Europa si guardano bene dal promuovere.

Le strade percorse da cortei di ogni tipo alcuni dei quali hanno poco a che fare con la lotta di classe, qualche tempo fa hanno sfilato baristi e ristoratori per protestare contro la legge che vieta il fumo nei locali pubblici, può illudere e ingannare qualche imbecille che si esalta davanti a "un’imminente situazione pre-rivoluzionaria", ma non chi cercando di inquadrare il contesto reale della situazione greca, i reali rapporti di classe, cerca di capire il reale livello di lotta che si sta esprimendo e la lunga strada che è ancora necessario percorrere.

Corrispondenza da Atene