Anche se giornali e televisioni ne hanno parlato poco e niente, il 7 dicembre, in occasione della “prima” della Scala, diverse centinaia di lavoratori delle aziende in crisi hanno “assediato” lo storico teatro milanese.
Poliziotti e carabinieri erano dispiegati in quantità impressionante. Certo, dovevano garantire il “diritto” dei rappresentanti del gran mondo di godersi lo spettacolo in santa pace. In fin dei conti il biglietto per la Carmen costava 2400 euro.
Fuori a gridare c’erano quelli che, quando va bene, 2400 euro li vedono ogni due mesi. I delegati o semplicemente i lavoratori di tante fabbriche e aziende in chiusura o in ristrutturazione. A loro, compresi i lavoratori precari dei teatri comunali, non è importato molto del minuto di silenzio che l’orchestra ha osservato in omaggio ai lavoratori delle aziende in crisi.
Come c’era da aspettarsi, i manganelli sono scesi sui manifestanti. Un’operaia è finita in ospedale.
Ma le cronache del giorno dopo erano piene delle contestazioni del loggione contro… l’innovativa regìa della Carmen e la sua autrice, Emma Dante.
Eppure la protagonista dell’opera di Bizet è un’operaia della manifattura dei tabacchi di Siviglia, nella Spagna della prima metà dell’ottocento.
Forse nella finzione scenica, finché restano protagonisti di un melodramma, gli operai si possono anche “sopportare”, beninteso con parsimonia. Ma quando, in carne e ossa, pretendono di ricordare alla borghesia che esistono anche loro, beh, allora il manganello e i lacrimogeni sono d’obbligo.