Disastro di Crevalcore: una sentenza vergognosa

Si dice che l’abitudine a vedere immagini drammatiche, trasmesse dai notiziari televisivi, produce una certa assuefazione e difficilmente ne favorisce la memoria. Semplicemente, il telespettatore comune, quello che un tempo si chiamava “l’uomo della strada”, dimentica. Uomini, circostanze, luoghi, date.

Il nome di Crevalcore, però, è rimasto ancora nel ricordo di molti. È associato a quelle immagini di lamiere contorte attraverso le quali arrivò la notizia di un disastro ferroviario che fece 17 morti, tra cui quattro macchinisti e un capotreno.

Era il 17 gennaio del 2005 e nella piccola stazione di Bolognina di Crevalcore, sul tratto a semplice binario della linea Verona-Bologna, un treno inter-regionale si scontra con un treno merci che sta entrando in stazione dal senso opposto.

La commozione dei ferrovieri si trasformò in un attimo in un grande movimento di protesta. Le burocrazie sindacali non riuscirono a impedire un grande e riuscitissimo sciopero nazionale della categoria promosso per la prima volta dai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls).

I rappresentanti dei macchinisti si sono costituiti parte civile e hanno fornito precise, preziose e solide prove alla magistratura sulla assoluta inadeguatezza dei sistemi d’esercizio in quella tratta di linea. Se la tratta in questione, frequentatissima dal traffico pendolari e soggetta a nebbia molto fitta nei mesi invernali, fosse stata attrezzata con il sistema del “blocco elettrico automatico” con ripetizione in cabina di guida dell’aspetto dei segnali, una tecnologia che si conosce dagli anni ’60 ma che continua ad essere una garanzia di sicurezza, per i ferrovieri e per i viaggiatori, l’incidente non sarebbe avvenuto. L’errore umano di chi non ha visto il disco rosso, probabilmente a causa della nebbia, sarebbe stato neutralizzato dai dispositivi che assicurano l’arresto automatico di un treno quando questo supera il segnale rosso.

Questi sono fatti. Non opinioni.

Detto questo, si capisce che quando il tribunale di Bologna ha assolto, lo scorso 11 maggio, i massimi dirigenti delle ferrovie “per non aver commesso il fatto”, sia i familiari delle vittime, sia i rappresentanti dei ferrovieri abbiano parlato di una sentenza vergognosa.

Il primo commento dell’Assemblea Nazionale dei ferrovieri, organismo promosso da quegli stessi delegati che promossero lo sciopero in risposta alla strage di Crevalcore, contiene l’essenziale di un giudizio politico che condividiamo al cento per cento: “La sentenza di Bologna ha anticipato le modifiche che si vorrebbero fare al Testo Unico sulla Sicurezza: la colpa è di chi muore. In questo modo dirigenti, funzionari, amministratori e tutti coloro che sono preposti a garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro e non lo fanno, saranno sempre incolpevoli, a pagare sempre gli ultimi, senza giustizia alcuna e senza garanzie che quello che è accaduto non accadrà più”.

La sentenza di Bologna ci offende come lavoratori e come ferrovieri. Ma la rassegnazione non è nel nostro codice genetico. Forse ci sarà un processo d’appello.

Sicuramente ci saranno nuove iniziative di lotta.

Corrispondenza ferrovieri