Che fine ha fatto la sicurezza sul lavoro?

Tempo di crisi, Confindustria ha fretta. Se fino a oggi si poteva traccheggiare, aspettando che si posasse il polverone della Thyssen, ora è meglio rompere gli indugi. Serve un allentamento delle norme sulla sicurezza in ambiente di lavoro, anche se fino ad oggi non è che avessero vincolato più di tanto…comunque tutto fa: meglio una sanzione in meno oggi che un arresto in più domani.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto legislativo in materia di sicurezza sul lavoro, dopo solo un anno che la materia era stata oggetto delle attenzioni del governo Prodi. Il testo integrale non è ancora noto, e la stampa ne ha pubblicato solo le linee essenziali, che comprendono sia “integrazione e correzione” della legge 123/07 che delegava al Governo il riassetto della materia, sia i provvedimenti di attuazione che rimaneggerebbero il decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008. Il Testo Unico vero e proprio dovrebbe entrare in vigore a fine luglio, e si fregerebbe di oltre 170 articoli.

Troppa grazia! Chissà come ci si potrà orientare agevolmente in mezzo a questo nebbione di norme, che sembrano gonfiare apposta per rendere meno chiaro l’obiettivo dichiarato, semplicemente proteggere la vita di chi lavora.

E infatti, pare che la preoccupazione primaria sia costituita dall’esigenza di evitare troppe rogne al povero imprenditore, che si trova a fronteggiare i guai della crisi, e i fastidiosi obblighi di legge. Una preoccupazione davvero primaria, se prima ancora di qualsiasi provvedimento legislativo ci aveva già pensato la circolare n. 27 dell’INPS datata 25 febbraio 2009 a fornire discretamente le dritte giuste, sempre considerando l’emergenza della recessione mondiale. Dice infatti la circolare che “i controlli, se non opportunamente indirizzati, potrebbero aumentare il disagio e le difficoltà dei soggetti imprenditoriali”, perché “bisogna saper distinguere quelle situazioni di irregolarità dovute essenzialmente a errori di carattere formale che non ledono i diritti dei lavoratori, o a non sufficiente conoscenza delle numerose opportunità offerte dalla normativa vigente, da quei comportamenti aziendali che sono messi in atto al solo scopo di trarre vantaggio economico, attraverso l’utilizzo del lavoro nero”. E se finora si poteva lasciar correre, al giorno d’oggi “dovrà essere privilegiata l’azione di vigilanza nei confronti delle realtà economiche gestite da minoranze etniche”. Cioè, se fino a ieri gli imprenditori stranieri potevano ingrassare senza scrupoli sulle spalle dei lavoratori, oggi la loro concorrenza sleale non sarà più tollerata.

Si fa per dire, comunque: secondo più fonti, i tecnici ispettivi preposti alla prevenzione dal Ministero del Lavoro, come dall’Inps, dall’Inail e dalle Asl per le materie di competenza, ammontano a un numero talmente ridicolo da consentire – sui circa 5 milioni di aziende da controllare – un controllo ogni 33 anni. Nonostante ciò, in una direttiva dello scorso settembre il Ministro Sacconi chiedeva agli ispettori di non intervenire sulla base di segnalazioni anonime di lavoratori, e di “cercare comunque di garantire la continuità lavorativa”. E prima ancora il Governo aveva già provveduto a “semplificare” l’attività degli ispettori, dato che uno dei suoi primi atti è stato quello di abolire i libri di matricola e di paga, e di eliminare l’obbligo dell’assunzione il giorno precedente l’effettiva entrata in servizio. Si trattava di uno dei pochi provvedimenti a tutela del lavoratore, considerando che il maggior numero degli infortuni mortali nei cantieri edili avviene il primo giorno di lavoro. Tutti sanno che si assume il lavoratore solo dopo morto.

Di fronte a questa realtà, semplicissima nella sua evidenza, la vera emergenza che affronta il nuovo decreto legislativo non sono le menomazioni per infortunio e i morti ammazzati sui posti di lavoro, e nemmeno la regolarità contributiva e retributiva delle assunzioni, ma l’attenuazione delle sanzioni per gli imprenditori inadempienti e la semplificazione degli atti dovuti, tanto per non angustiare con inutili orpelli, lacci e laccioli il buon padrone che deve lucrare in pace. L’arresto è previsto solo per violazioni gravi e “sostanziali” per le aziende a elevato rischio industriale, come centrali termo-elettriche, impianti con rischi biologici, di radiazioni, di agenti cancerogeni, fabbriche di esplosivi, miniere e case di cura con più di 50 addetti. Per le violazioni “formali”, dove prima si prevedeva arresto e ammenda, oggi i contravventori se la cavano con una sanzione per un massimo di 8.000 euro. Soprattutto, non basterà la “reiterazione” della violazione per sospendere l’attività lavorativa, ci vorranno ben tre violazioni gravi, o la stessa violazione per la seconda volta in un biennio. Plaude anche l’industriale e deputato Pd Massimo Calearo: “Non credo che l’efficacia della legge stia nella pesantezza delle sanzioni” (Corriere della Sera, 28.3.09).

La media di infortuni mortali ogni giorno continua ad essere superiore a tre. Occasionalmente si assiste al rituale del biasimo e della condanna da parte di istituzioni e imprenditori. Sul binario parallelo tutele e protezioni sono sistematicamente smantellate.