Un nuovo attacco alla libertà di sciopero

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, lo scorso 27 febbraio, un disegno di legge delega che ha lo scopo di rendere ancora più difficile usare l’arma dello sciopero ai lavoratori dei trasporti e, in tendenza, a molti altri settori del lavoro dipendente.

Il ministro Sacconi e gli altri portavoce del governo hanno usato gli argomenti di sempre. Cose che conosciamo bene e che vengono fuori ad ogni giro di vite che viene dato al diritto di sciopero. Il varo della legge 146 del 1990, quella attualmente in vigore e che limita già fortemente l’azione collettiva dei lavoratori dei servizi pubblici, fu sostenuto da una campagna politica e giornalistica più o meno simile, la stessa cosa avvenne per le modifiche ( ancora più restrittive ) introdotte dalla legge 83 del 2000. Ma, come sappiamo bene, se cediamo un dito è facile che “loro”, cioè i governi di tutte le tinte e il padronato, pretendano il braccio.

Poco importa che le procedure della Commissione di Garanzia, l’organo che vigila sull’applicazione delle regole previste dalla 146, riguardino solo lo 0,7% degli scioperi proclamati dalle varie organizzazioni sindacali. Molto più facile aggrapparsi alla “percezione” , oggi molto di moda. Così, aiutato da un giornalismo complice, ignorante o “fannullone”, o tutte e tre le cose insieme, il governo ha potuto presentarsi come tutore dell’interesse della cittadinanza e difensore del diritto alla mobilità. Alla cosiddetta “opinione pubblica” è molto più semplice presentare la scena dei passeggeri bivaccati in una stazione o in un aeroporto, che spiegare le ragioni che muovono dei lavoratori all’astensione dal lavoro. Le varie ristrutturazioni avvenute in questi anni, hanno poi reso complicatissimo ricostruire la mappa delle varie aziende e delle varie competenze che si intrecciano o si fanno concorrenza in un medesimo comparto. Facciamo l’esempio del trasporto ferroviario: i dipendenti di RFI, cioè degli impianti fissi, delle stazioni, ecc. hanno propri vertici aziendali distinti dal resto del Gruppo FS. La stessa cosa vale per i dipendenti della Divisione Passeggeri o per quelli della Cargo. A loro volta queste sono ulteriormente frammentate in competenze distinte, centri direzionali diversi ecc. . La ventata delle “privatizzazioni” e delle liberalizzazioni, salutata come un bagno di salutare razionalizzazione del trasporto pubblico, ha prodotto una moltiplicazione dei motivi di conflitto.

Ora si vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca. Si vorrebbe proseguire nello spezzettamento delle attività collegate al trasporto in una miriade di micro-aziende, per quanto in realtà possedute da pochi effettivi “padroni”, godendo in questo modo di una diminuzione delle garanzie e delle tutele contrattuali dei lavoratori, e, contemporaneamente, rendere insormontabili gli ostacoli che si frappongono alla messa in atto di ogni loro reazione ai soprusi di ogni tipo che vengono loro imposti dalle direzioni aziendali.

Tutti gli scioperi, poi, sono superficialmente etichettati come “selvaggi”, puntando sul fatto che se si bloccano i treni o gli aerei questa è comunque un’azione intollerabile, per quanto i promotori degli scioperi abbiano in realtà rispettato tutte le procedure. Anzi, spesso queste procedure previste dalla legge non vengono rispettate proprio dalle imprese di trasporto, come ad esempio l’onere di dover avvisare per tempo l’utenza dello sciopero proclamato.

Il fatto che l’iniziativa del governo sia stata portata avanti all’insegna del “diritto alla mobilità e alla libera circolazione delle persone” ha illuso qualcuno che si tratti di un provvedimento limitato alle aziende di trasporto. Anche se fosse così, sarebbe comunque da respingere per un elementare principio di solidarietà che è evidentemente ignorato tanto dai vertici della Cisl, quanto da quelli della Uil e della Ugl. il commento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, è probabilmente la linea a cui finiranno per attenersi tutti, Cgil compresa. Dice Bonanni: “La formulazione del Disegno di legge è abbastanza equilibrata. Va incontro a ciò che la Cisl ha richiesto: circoscrivere l’intervento solo al settore dei trasporti”.

Più chiaro è il commento di Lucio Gallino, apparso su La Repubblica: “il Disegno di legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri persegue palesemente due finalità: rendere oltremodo difficile l’esercizio del diritto di sciopero nel settore dei trasporti, e in specie far sì che diventi pressoché impossibile per la Cgil indire da sola uno sciopero nel settore; aprire la strada a crescenti limitazioni del diritto di sciopero in altri settori”.

In effetti ha ragione il prof. Gallino. Il Disegno di legge prevede una soglia minima del 50% del settore ( ma che cosa sia un settore nessuno lo ha capito bene ) perché un’organizzazione sindacale abbia diritto ad indire uno sciopero. In alternativa, sempre che si rappresenti almeno il 20% di questo famoso “settore”, si può proclamare sciopero solo dopo un referendum che riscuota l’approvazione di almeno il 30% dei lavoratori.

È vero, come ha detto Bonanni, che il Disegno di legge è generico in molti aspetti e che rimanda nei dettagli alla contrattazione. Ma questo è proprio il giochino di sempre, quello in cui i burocrati della Cisl sguazzano come pesci nell’acqua. Il governo fissa le linee generali e annuncia magari conseguenze ancora più gravi per i diritti dei lavoratori, poi entrano in ballo i sindacati, almeno quelli più “responsabili”, quelli che non faranno, dio ce ne scampi, una opposizione ideologica, ma concerteranno, rosicchieranno qua e là, limeranno, appoggiandosi sui partiti “amici”, gli aspetti più impresentabili del provvedimento governativo. Alla fine potranno dire che proprio grazie alla loro azione pratica, concreta, non pregiudizialmente ostile, sono riusciti a “contemperare” le varie esigenze e i vari diritti. Inoltre avranno valorizzato niente popò di meno che…il diritto alla contrattazione.

Non sappiamo se la Cgil finirà per seguire lo stesso copione, ma speriamo che siano i lavoratori, ai quali la crisi offre sempre più ragioni per lottare, a interrompere i progetti anti-operai del governo e i giochetti delle lobbies politico-sindacali.