Quello che il governo definisce provvedimenti finalizzati alla “sicurezza dei cittadini” sono altrettanti passi verso uno stato ancora più reazionario e xenofobo. Ma sono, al momento attuale, soprattutto un diversivo.
Lo sono perché, con l’ausilio della carta stampata e delle televisioni, finiscono per polarizzare l’attenzione popolare su questioni mal poste e peggio affrontate dai principali protagonisti del pietoso “dibattito” che si svolge quotidianamente nei talk-show e sulle pagine dei giornali.
Lo sono perché costruiscono o consolidano linee di divisione artificiali là dove il peggioramento generaliz¬zato delle condizioni dei lavoratori e dei ceti popolari imporrebbe la massima unità.
Le conseguenze più gravi della crisi le stanno pagando gli operai, di tutti i colori e di tutte le nazionalità. Coltivare, con il pretesto della lotta alla criminalità, l’odio verso gli immigrati, i poveri, i “barboni”, significa fare un gioco sporco che già nel passato ha dato dei risultati tragici. Significa trasferire la paura e l’insicurezza, diffuse soprattutto dalla crisi economica, verso un nemico di comodo.
Le nostre urgenze sono altre, altri sono i nostri avversari sociali e ben più forti e pericolosi.
Se si toglie, con il posto di lavoro, la sicurezza di un reddito, per quanto modesto, si distrugge la vita di un essere umano, si distrugge la vita di un’intera famiglia. Quante vite, quante speranze, quanti progetti per il futuro di giovani lavoratori, sono già stati avviliti, compromessi, cancellati da chi ha scaricato su di loro la crisi dell’economia capitalistica?
Non passa giorno senza che nuovi nomi si aggiungano all’elenco delle imprese che licenziano, mettono in cassa integrazione, chiudono i propri impianti. La previsione per la fine del 2009 è di superare i due milioni di disoccupati.
Ci dicono che la crisi è mondiale e che quindi le classi dirigenti italiane possono fare ben poco. Ma se la crisi è mondiale, questo è un motivo per continuare ad arricchirsi da parte di una minoranza della popolazione mentre la maggioranza scivola sempre più in basso ?
Il dieci per cento più ricco degli italiani detiene quasi la metà del patrimonio nazionale. Secondo una ricerca dell’Eurispes, 359 mila famiglie, nel 2006, disponevano di un patrimonio finanziario superiore al milione di euro. Nel 2010 raddoppieranno ! questo significa, in una parola, che chi è già ora tra i più ricchi, diventerà ancora più ricco.
Occorre reagire a tutto questo! Non c’è limite all’abisso in cui gli egoismi di classe della grande borghesia dei banchieri, dei grandi industriali, degli speculatori di borsa, potrebbero gettare la classe lavoratrice e i ceti più poveri se non incontrano una seria resistenza.
Bisogna rivendicare la spartizione del lavoro senza diminuire i salari. Non dicano che i soldi non ci sono! Si sono trovati i soldi per le banche e le tasche dei grandi azionisti e dei grandi imprenditori sono piene per i profitti accumulati fino allo scorso anno.
Tutto sta nei rapporti di forza. Bisogna spostarli a vantaggio della classe lavoratrice. Non c’è che un modo: mobilitare tutte le forze del mondo del lavoro, secondo un piano di scioperi il cui costo deve apparire al pa¬dronato ben maggiore di quello della soddisfazione delle rivendicazioni degli operai, dei disoccupati, dei precari e dei pensionati. Non c’è legge, non c’è accordo governo-sindacati (come quello firmato da Cisl e Uil sul sistema contrattuale), che possa resistere a una mobilitazione del genere. Ogni legge può essere abrogata, ogni accordo può essere riscritto.
La situazione, lo dicono tutti, è eccezionale. I mezzi per uscirne non possono che essere eccezionali. Il gran capitale e i suoi lustrascarpe vogliono salvarsi dalla marea di melma montante saltando sulle nostre spalle. È l’ora di scuoterseli di dosso, è ora che paghino loro.