“Oro alla Patria”?

Di fronte alla crisi non poteva mancare la specificità tutta italiana, quel certo tocco creativo da guitti di paese che è spesso prerogativa sia dei politici che degli imprenditori nostrani…

In Germania si stipulano accordi sindacali in cui è previsto l’accorciamento della settimana lavorativa, con integrazione salariale dello Stato limitatamente ai giorni di lavoro mancanti?

In Italia si tira fuori dal cilindro un rimedio di tutt’altro genere. Può sembrare surreale, ma secondo Andrea Tomat, presidente della Fondazione Nordest, e a quanto pare prossimo presidente di Confindustria Veneto, “se qualcuno pensa di lavorare meno a parità di stipendio, è fuori della realtà”. Perché infatti “altro che lavorare meno: questo è il momento di lavorare di più, e magari anche gratis per qualche giorno da regalare al Paese”. Anzi, dieci giorni: “dieci giorni in più per risanare i conti del Paese”.

A chi si rivolge Tomat? Parla di “stipendio”, non parla di profitti. A occhio e croce, parla di chi percepisce uno “stipendio”, peraltro sempre più magro e soggetto a una crescente erosione da oltre vent’anni, sul quale anche il prelievo fiscale è progressivamente sempre più pesante, per effetto della mancata restituzione del drenaggio fiscale. Senza contare fra l’altro che chi percepisce uno stipendio è stato chiamato sistematicamente a risanare i conti del Paese, sul dissesto dei quali non aveva sicuramente responsabilità. Chi percepisce uno stipendio, sembra suggerire Tomat, non si aspetti sostegni impropri: prima di tutto giù le mani dai nostri profitti, che se tutto va bene cercheremo di mantenere invariati, e se lo Stato annaspa provveda il percettore di stipendio a foraggiarlo. Naturalmente se il posto di lavoro gli regge. In caso contrario, magari sarebbe auspicabile qualche altro stipendiato disposto a lavorare gratis per lui.

In sostanza, oro per la patria di nostalgica memoria; ma anche peggio.

L’aspetto sorprendente della questione è che non ci siano state reazioni sdegnate, o anche soltanto nette: mentre il parlamentare del PD Massimo Calearo plaude alla proposta, ma consiglia di spostarla a dopo la crisi, riflettendo: “Se non ci sono ordini, che produci a fare?”, non manca il commento di Susanna Camusso, che alcuni danno come prossimo Segretario generale Cgil (il che è tutto dire): “Almeno è un messaggio per il bene collettivo […] In una situazione straordinaria come quella che stiamo vivendo, servono azioni straordinarie” e via con altre amenità del genere. (Corriere della Sera, 20.12.08) Forse la Camusso era tenuta a non dileggiare la proposta di un collega di partito, tant’è che al confronto pare un’estremista perfino la Polverini, capo del sindacato di destra Ugl, che giudica l’idea buona, “anche se abbastanza strana, perché in questo modo pagherebbero di più quelli che già pagano tanto […] Per risanare il debito pubblico ci sono altre strade, a cominciare dalla lotta all’evasione e dall’adeguamento delle tasse sulle rendite al resto d’Europa. Chiedere al lavoratore un sacrificio in più mi sembra proprio ingiusto”.

Allo stato attuale, in nessun Paese della Comunità Europea – tanto meno, ovviamente, nel mondo - la classe operaia riesce a imporre le sue priorità: salari e condizioni di lavoro. Tutt’al più il riformismo europeo ha partorito un sistema di sostegni dedicato alla mera sopravvivenza del suo “esercito di riserva”, con varie forme di assistenza più o meno caritatevole. Ma nel Paese dove pochi possono usufruire anche solo della cassa integrazione, dove manca un sistema di sussidi alla disoccupazione – e c’è chi già pensa di barattarli con il saccheggio dello Statuto dei lavoratori - nel Paese con il sistema di ammortizzatori sociali più pezzente d’Europa, non sembra nemmeno un paradosso che i più pezzenti paghino per tutti.