Nella sua celeberrima rassegna annuale dei super-ricchi di tutto il mondo, la rivista americana “Forbes”ha classificato al secondo posto la Russia. Dopo gli Stati Uniti ma prima della Germania, sono ben 87 i miliardari (calcolati in dollari) arricchitisi all’ombra del Cremlino. Qualche settimana fa, la notizia fu ripresa da alcuni giornali russi con un certo senso di “orgoglio nazionale”. Per la grande maggioranza della popolazione, tuttavia, la posizione di un pugno di affaristi di casa propria nella classifica mondiale dei più grandi parassiti, non ha nessun significato speciale e, soprattutto, non comporterà nessun vantaggio.
La crisi si presenta ora anche di fronte ai russi. Le frequentazioni dei magnati di Mosca con la “bella gente” di tutto il mondo e la condivisione degli stessi lussi e degli stessi stili di vita, visti attraverso il filtro del “gossip” o della cronaca mondana, potevano apparire al cittadino medio come il segno di un progresso sociale che, pure con le sue iniquità e le sue ingiustizie, spingeva tutto il paese sulla via della prosperità. Ma in questi ultimi mesi la gente comune ha visto un peggioramento delle proprie condizioni di vita e, contemporaneamente, l’arricchimento sfacciato di alcune decine di miliardari. Le basi per il consenso di massa al premier Putin e al presidente Medvedev cominciano ad incrinarsi. Non è passato molto da quando il governo assicurava i propri cittadini che la crisi economica non avrebbe toccato la Russia.
Anche la cosiddetta classe media, appena ricostituitasi dopo la disastrosa crisi del ’98, non sta vivendo momenti rosei. Fonti del ministero dell’interno riportate in questi giorni dalle agenzie di stampa, parlano di una possibile stagione di tensioni e conflitti sociali. Un primo assaggio si è avuto di recente nella lontana Vladivostok, dove a centinaia si sono radunati in piazza per protestare contro l’introduzione di nuovi dazi sulle auto importate. In questa città dell’estremo oriente russo hanno protestato, in varie manifestazioni, operai, impiegati e piccoli commercianti legati all’attività di commercializzazione delle automobili importate, provenienti soprattutto dal Giappone. Da parte sua il governo ha dato un piccolo saggio di quella che sarà la sua attitudine nei conflitti sociali che il nuovo anno annuncia: decine di arresti e manganellate per tutti, che abbiano opposto o meno resistenza, e nessun riguardo per nessuno dei presenti , troupes televisive e cronisti compresi, anche se stranieri.
Ma la classe media cerca di difendersi anche in altri modi. Tutti si ricordano della micidiale inflazione che falcidiò i risparmi sia della piccola borghesia che dei pochi salariati in condizione di poter aprire un conto corrente o un libretto di risparmio. Evgenij Utkin, in un reportage pubblicato dalla Stampa il 30 dicembre scorso, scrive: “I russi sanno che comprare un bene è meglio che tenere i soldi sotto il materasso”. In altre parole, prima di trovarsi per le mani una quantità di carta moneta che vale ogni giorno di meno, è meglio acquistare qualche cosa di “solido”. Si tratti della macchina, di un elettrodomestico o di un corso di specializzazione per il proprio figlio. La paura di una inflazione a due cifre spiega quindi perché i consumi non hanno avuto la stessa drammatica flessione che hanno avuto nel resto d’Europa. Almeno per ora. La crisi è però solo al suo inizio da queste parti.
Anche qui il sistema bancario ha subito duri colpi. Molte banche minori falliscono senza far notizia, ma anche quattro delle maggiori sono state assorbite da gruppi ancora più forti. Ad aggravare gli effetti della crisi internazionale c’è la straripante importanza dell’export di gas e petrolio nell’insieme dell’economia russa. Il brusco calo del prezzo del barile, la cui crescita sembrava invece inarrestabile fino a pochi mesi fa, ha tolto all’illusione di potersi sottrarre alla crisi finanziaria l’ultimo punto d’appoggio.
Come negli altri paesi anche qui lo stato viene in soccorso alle maggiori banche. Ma l’invadenza dello stato qui appare come la diretta prosecuzione dell’epoca sovietica. Molti capitali stranieri fuggono spaventati. Come ha scritto l’inglese Economist lo scorso ottobre: “La prospettiva che il Cremlino assuma il controllo di una quota maggiore di economia difficilmente li rassicurerà”.
Il nuovo anno, dunque, si presenta drammatico per il popolo russo e, in particolare, per i lavoratori. Le cifre ufficiali parlano di un incremento della disoccupazione dagli attuali un milione e quattrocentomila a più di due milioni entro il 2009. Putin e Medvedev hanno riscosso un vasto consenso popolare promettendo un miglioramento incessante degli standard di vita. Il cittadino russo medio avrebbe dovuto godere di condizioni e di garanzie sempre più vicine ai più evoluti paesi occidentali. Sentendo venir meno il consenso della popolazione, i gruppi dirigenti del Cremlino si preparano a utilizzare le armi mai riposte della brutalità poliziesca e dell’arbitrio degli organi di stato.
RP