Dopo la grande sbornia delle mascherine negli aeroporti, del bollettino di guerra quotidiano sulle vittime dell’epidemia, dell’emergenza internazionale sull’influenza H1N1, altrimenti detta A, o suina, abbiamo il consuntivo. All’inizio del 2010 i dati del Ministero della Sanità sono chiari: l’incidenza di mortalità del virus sul totale dei contagiati è stata dello 0,005%, contro lo 0,2% della normale influenza, evidentemente molto più grave e pericolosa dell’influenza A.
Eppure mai avevamo assistito a un tale polverone allestito su tutti i media, con aggiornamenti continui sugli ammalati e sui morti (nella quasi totalità dei casi persone anziane o malate), e un martellamento incessante durato per mesi. Ma nemmeno l’intervento serale di Topo Gigio, riesumato per l’occasione con l’incarico di ammonire sulla necessità di sorbirsi due vaccini, uno per l’influenza stagionale e uno per l’influenza A, ha convinto gli italiani a vaccinarsi. Che tutto il pacchetto influenza rappresentasse molto bene gli interessi delle multinazionali del farmaco era abbastanza chiaro da sconsigliare alla maggioranza di prendere sul serio gli inviti alla vaccinazione; anche molti medici avevano espresso in modo più o meno chiaro non solo dei dubbi sulla adeguatezza dei tests effettuati sul vaccino, ma anche sull’effettiva pericolosità del virus. Tanto è vero che il Ministero della Salute ha acquistato 24 milioni di dosi di vaccino, di cui 10 milioni sono stati consegnati alle ASL, e solo 870.000 dosi sono state effettivamente somministrate, neanche il 3,9%. Al momento rimangono da ritirare ancora 14 milioni di dosi dal fornitore, la multinazionale Novartis che in Italia ha sede a Siena, e sembra che stando agli accordi il Ministero dovrà pagare anche le dosi non ritirate; secondo quanto denunciato da una deputata dell’Italia dei Valori che ha domandato un’inchiesta parlamentare, il Ministero avrebbe anche accettato di assumersi la responsabilità di risarcire eventuali danni collaterali del vaccino, e inoltre di pagare alla Novartis 24 milioni di euro se non fosse stata autorizzata la commercializzazione del siero; invece, nel caso di ordini supplementari, il Ministero non avrebbe avuto diritto a nessuno sconto. In totale l’acquisto dei vaccini è costato 184 milioni di soldi pubblici, che la Novartis ha incassato senza rischi di sorta.
Nonostante i profitti realizzati con questa partita, Novartis annuncia proprio in questi giorni una "ristrutturazione del settore commerciale", con il licenziamento di 24 lavoratori nello stabilimento di Siena; non basta la robusta iniezione di commesse statali, non bastano i contratti capestro per la controparte, non basta nemmeno un anno di fatturato record. I profitti non sono mai abbastanza.
Non è possibile lasciar licenziare un’azienda che fa i soldi – e li fa così - con le commesse pubbliche!