Lo scandalo della "cricca", legato agli appalti pubblici, ha già fatto dimettere un ministro, Scajola, e sta insidiando da vicino almeno un altro ministro e diversi alti funzionari dello Stato: generali, magistrati, direttori di ministeri e di aziende di stato. Come è stato scritto da varie firme del giornalismo politico, Berlusconi ha momentaneamente abbandonato il copione della vittima di complotti orditi dalle "toghe rosse" e si è presentato, dopo un primo periodo di incertezza, come un inflessibile difensore della legalità e della moralità nella politica e nelle istituzioni. L’ipotesi che è circolata di più, a questo proposito, è che neanche il governo sappia precisamente chi abbia dato il via alle rivelazioni che hanno indotto la Magistratura a occuparsi del caso. Dunque né Berlusconi né i suoi saprebbero da chi arrivano queste bordate micidiali al proprio vascello che i risultati elettorali sembravano spingere come il vento in poppa. Nemmeno sarebbero in grado di misurarne tutta la pericolosità. Tra i tanti commenti e le tante "dietrologie" riportiamo quanto ha scritto Peppino Caldarola chiudendo un articolo pubblicato da Il Riformista del 15 maggio: "Quando pezzi dello Stato si fanno la guerra fra di loro e settori della maggioranza di governo vogliono distruggere i propri nemici interni generalmente siamo alla vigilia di una crisi di sistema".
Che per il governo finisca in tragedia oppure in farsa, il dissidio Fini-Berlusconi, scoppiato apertamente lo scorso aprile, nel corso di una Direzione del PdL a cui erano state invitate le televisioni, sembra acquistare un altro senso. Fini può acquistare un maggior credito all’interno del suo partito, può apparire meno un personaggio isolato e presentarsi invece come quello che aveva fiutato il pericolo che si avvicinava e che proprio per questo aveva insistito su una rapida approvazione del decreto anti-corruzione. Una linea sposata ora, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, da tutto il PdL.
Indipendentemente dai nomi dei politici coinvolti, indipendentemente dalla loro sorte personale, quella che sta andando in scena a "beneficio" del pubblico somiglia ad una commedia già vista ai tempi di "mani pulite". Ed è una commedia non perché qualcuno l’abbia consapevolmente concepita come tale ma perché lo sviluppo dei fatti induce i giornali e le televisioni a presentarla così e perché quelli che sopravvivranno alla bufera giudiziaria, se tale sarà, avranno tutto l’interesse ad accreditarla. Eccone il copione: una parte dei ministri e dei funzionari di alto rango dello Stato si sono assicurati favori di ogni tipo da imprenditori come Diego Anemone in cambio della loro compiacenza nell’accordare appalti di lavori di edilizia e di urbanistica. Questi sono i corrotti, evidentemente. Poi ci sono gli "onesti". Chi reciterà questa parte? Lo stesso Fini, forse o forse Giulio Tremonti. Forse, ancora, entrerà in campo Casini che, fiutando una nuova opportunità, si è inventato un nuovo partito su due piedi e l’obiettivo di un governo di "salute pubblica".
In ogni caso ci sarà poco da essere contenti. Le prossime mosse del governo riguarderanno la riduzione della spesa pubblica che ormai tutte le capitali europee hanno messo all’ordine del giorno. Questo significherà come minimo il blocco degli stipendi per 3,6 milioni di pubblici dipendenti e il ritardato pagamento del trattamento di fine rapporto a quelli che vanno in pensione, il taglio delle spese sanitarie e la riduzione delle "finestre" per le pensioni di anzianità. Queste sono le prime indiscrezioni filtrate e riportate dalla stampa a proposito della manovra economica anticipata predisposta dal ministro dell’economia Tremonti. Il tutto si rifletterà in un ulteriore peggioramento delle condizioni della maggior parte della popolazione.
Se i lavoratori sapranno trasformare il loro disgusto per la corruzione, per i privilegi, per l’arroganza degli uomini di potere, rivelata dai nuovi scandali, in una maggiore determinazione a non accettare nuovi sacrifici, daranno nuovo alimento alle lotte che inevitabilmente si svilupperanno.
E sapranno opporsi duramente ai provvedimenti di qualsiasi governo faccia loro la guerra, che sia composto di ministri "onesti" o di mascalzoni dichiarati.
R.P.