La putrida borghesia italiana

Nulla era più putrido della borghesia italiana, delle famiglie della alta, media e piccola borghesia, marcite nel fascismo e marcite nella Liberazione. Era tutto orribilmente semplice. I ricchi pensavano solo a essere sempre più ricchi, non gliene importava nulla di come fosse fatto il mondo, purché potessero rapinarlo e accumulare denaro. Non gliene importava nulla del fascismo o della democrazia, l’unica cosa che volevano era essere lasciati in pace a fare soldi. Erano avidi, meschini, stupidi, di quella stupidità e meschinità che piace tanto ai ricchi, perché è la loro forza per diventare sempre più ricchi. Si arricchivano per merito di persone che in fondo disprezzavano, come sempre è successo in ogni luogo della terra e in ogni tempo. Erano spregevoli, ingordi, banali, ottusi, contavano i soldi leccandosi le dita, si chiudevano nelle loro ville e credevano di lasciare fuori il resto del mondo, credevano di non avere nulla a che fare con il mondo che si trascinava di stenti fuori dal giardino.

Marco Vichi, "Morte a Firenze", romanzo, 2009.